La città naviga nel caos. E torna l’immagine classica di padre Dante: “… nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello!” Divina Commedia, Purgatorio, Canto VI).
Non bastavano la disoccupazione al 30 per cento circa, con quella giovanile quasi al doppio ormai e i nostri giovani costretti a migrare (mentre il ministro Salvini si preoccupa della disoccupazione media nazionale al 10 per cento). Non bastavano la Borgata abbandonata, le periferie emarginate, dimenticate. Non bastava la ferrovia “tagliata”, dimenticata, il trasporto pubblico urbano praticamente inesistente ormai. Non bastava Ortigia ridotta a un bazar all’aperto, con strade impercorribili perfino a piedi, senza uno spazio utile per poggiare un piede, con marciapiedi e sedi stradali occupati dai famosi dehors (pedane, ombrelloni, tavoli e tavolini e tavolate) e dai nuovi cassonetti dell’immondizia davanti ad ogni locale e cumuli di sacchetti di rifiuti qua e là e macchine in sosta in doppia fila: Ortigia “ferita calpestata fatta fuori negata dimenticata perché noi l’abbiamo ferita, calpestata, fatta fuori negata cancellata”, come scriveva dell’amore Jacques Prévert. Non bastava l’abbandono del sogno del nuovo ospedale, dopo anni di vuote polemiche. Non bastava l’abbandono dell’ex carcere borbonico, in Ortigia, che grida vendetta mentre rischia di crollare. Non bastava un elenco, già di per sé interminabile, di vecchi e nuovi problemi e carenze. Eccone ancora degli altri di problemi.
Perduto il finanziamento del progetto per il collegamento di sbocco a mare del canale di gronda del Villaggio Miano, per ben sei milioni e quasi 250 mila euro (non sono bruscolini!); perduto per la più banale delle banalità: la “mancanza della firma digitale su alcuni documenti contenuti nel supporto informatico: un episodio che, in ogni caso, confermerebbe la superficialità e la scarsa attenzione con cui vengono purtroppo seguite dalla nostra Amministrazione richieste di importanza vitale per la nostra comunità cittadina”, come denuncia il capogruppo consiliare di Progetto Siracusa, Ezechia Paolo Reale. Intanto teniamoci le alluvioni. Anche se la carenza potrà esser sanata. Rimane la superficialità di un’amministrazione pubblica che di questo nome non è neppur degna ormai: una superficialità che ricorda il famigerato episodio del piano di sviluppo della città copiato pari pari (copia e incolla) da quello di Cremona (una città che, fra l’altro, non ha mare ma soltanto fiumi) suscitando scandalo e sberleffi su tutti i giornali d’Italia.
In questo bel contesto ecco la favola buffa delle presunte dimissioni di vicesindaco Giovanni Randazzo. Si dimette? Non si dimette? Prima sì. Poi no. Forse. Si vedrà. E lo stesso Randazzo sente il bisogno di rilasciare una dichiarazione ufficiale precisando di aver espresso in un’assemblea della sua associazione politica l’intenzione di lasciare la giunta municipale ma ripromettendosi ancora di “parlarne meglio e in maniera più approfondita con il sindaco e i colleghi di giunta”.
Purtroppo per lui “la notizia è stata diffusa (da qualche monellaccio, ndr.) in maniera asettica e certo contrariamente alle mie intenzioni e stile, e non si sa quale sarà adesso l’evoluzione della vicenda”. Si sa soltanto che il vicesindaco “si confronterà quanto prima con il sindaco e la Giunta”. Vedi che problema per Siracusa e per i siracusani! Sicchè, come diceva Catalano, una domanda sorge spontanea: ma non avete proprio niente di meglio da fare, signori politici?
Allora, signori miei, un assessore di peso nonché vicesindaco si vorrebbe dimettere. Però … però … non lo sa ancora per certo. E intanto? Intanto … beh … la città può attendere. Come il paradiso di quel film di Warren Beatty e Buck Henry del 1978 e di quel libro di Leonore Fleischer del 1979.
Poi c’è la chicca delle chicche: “A causa del sequestro e chiusura della mostra Ciclopica da parte del Nucleo di Tutela del Patrimonio Artistico dei Carabinieri, Progetto Siracusa chiede le immediate dimissioni dell’assessore Fabio Granata” ha tuonato Salvo Sorbello, che di Progetto Siracusa è il portavoce.
Già un’aspra polemica era divampata sull’autenticità di quella copia del Caravaggio, esposta anch’essa in gran pompa. Ma tutto è finito lì. Sempre alla maniera nostrana: discussioni, chiacchiere e … nulla più … poi l’oblio … E anche in questo caso l’assessore Granata a dimetterci non ci pensa proprio.
“Gli sviluppi grotteschi della vicenda Ciclopica – ha incalzato Ezechia Paolo Reale – non possono passare ancora una volta nel silenzio e nell’indifferenza. Progetto Siracusa non entra nel merito delle accuse che hanno portato al sequestro di due delle opere in esposizione: queste accuse saranno accertate nelle sedi giudiziarie competenti, ma, se vere (e ci si augura di no, per amor di patria), dovrebbero portare alle dimissioni del sindaco, unico atto dignitoso possibile dopo il rifiuto altezzoso di revocare il protocollo d’intesa/convenzione, nonostante il voto unanime dell’intero Consiglio comunale”.
Ma anche di fronte a queste pesanti contestazioni il sindaco Italia a dimetterci non ci pensa proprio nemmeno lui. Ma chi mai lascia una poltrona appena conquistata?!
“Progetto Siracusa non accetta la menzogna verso la città di aver chiuso in fretta e furia la mostra con un cartello che intendeva far credere che fosse necessario procedere a lavori di manutenzione – ha tuonato ancora Reale. – Non accetta che ai turisti ed ai cittadini non sia stata data alcuna comunicazione al solo fine di coprire quanto di grave stava accadendo. La responsabilità politica di tale puerile menzogna ricade interamente sulla giunta municipale, in particolare sull’assessore Granata che mai avrebbe dovuto consentire di ingannare in tal modo la città esponendola ad una perdita di immagine ancora maggiore rispetto a quella conseguente alla già sgradevole circostanza che in una mostra da lui fortemente sostenuta un nucleo specializzato di Carabinieri ipotizzi che vengano esposte opere non autentiche”.
E però, signori miei, tanto rumore per nulla, giusto per dirla con William Shakespeare e, magari, cercare di volare un po’ meno basso di quanto ci siamo quasi abituati ormai a fare con questa gente. Intanto … intanto … la città può attendere: nave senza nocchiero in gran tempesta …
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