I paragoni sono sempre odiosi, ma nell’apprendere che uno degli avversari che il Siracusa, se riuscirà ad iscriversi, sarà il Picerno, squadra di un paesello di appena 5.853 abitanti, uno rimane senza parole. E non perché è un paesello, poco più grande di uno di quei mitici borghi d’Italia in cui ci piacerebbe vivere al riparo delle nevrosi che ci procura la città, non possa militare anche nella massima serie, ma semplicemente perché è un mistero come a Picerno non solo siano riusciti a saldare ai giocatori con cui hanno vinto il campionato di D le mensilità di Aprile, Maggio e Giugno, diritti erariali compresi, ma non sono minimamente turbati dal dovere depositare sui tavoli della Lega una fidejussione di 350 mila euro più tassa d’iscrizione e ammennicoli vari.
E non finisce qui. Perchè a giorni arriveranno tre squadre di operai per uniformare il civettuolo stadio del paesino ai requisiti richiesti, mentre il direttore sportivo Greco si metterà in giro per i campetti sterrati del potentino per trovare i cinque elementi che occorrono. Intanto nella Canonica tutta la comunità è impegnata nella raccolta fondi che non sarà a fondo perduto ma in cambio di abbonamenti, anche se in prospettiva, non dovrebbero esserci altre spese oltre a quelle preventivate, avendo ricevuto dal Potenza la disponibilità ad usufruire gratuitamente del Viviani.
Ma il trionfo del calcio ruspante che si pratica da queste parti ha modo di risaltare in occasione degli incontri casalinghi con i regali da offrire ai singoli e alla squadra a base di prodotti locali (pane di casa, uova di giornata, barattoli di miele, olio di oliva, frutta fresca, fichi secchi. dolci locali ecc.).
Usanze che negli anni ’50 e ’60 fecero le fortune del Siracusa al quale oggi non resta che invidiare il Picerno, considerando quella minuscola realtà come un esempio da seguire se si vuole salvare il calcio e tutto ciò che attorno ad esso ruota.
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