E’ inspiegabile come una città di quasi 130.000 abitanti, con una zona industriale alle spalle, se non proprio fiorente, ma quanto meno eterogenea non riesca a venir fuori ad inizio dell’anno, con un paio di interventi privati per accompagnare quelli pubblici ormai da diversi anni insufficienti, tanto che le iniziative lanciate sulla piazza vengono accolte con una risata di scherno.
E tutto finisce lì, sacrificato sull’altare di motivazioni risibili che espongono il primo cittadino, la cui presenza in tante altre città è ritenuta indispensabile, in prima linea, che dire se alla fine i conti non tornano, lasciando al palo campagne abbonamenti, azionariati popolari e raccolte pota-a-porta.
Per Catania-Potenza di ieri sera gli spettatori erano 13.000, per Siracusa-Catanzaro, vitale per la permanenza in serie C erano appena 2.140.
Al Viviani di Potenza, dieci giorni or sono, i tifosi etnei erano 451, nell’ultima partita esterna, all’EzIo ScIda di Caserta, i sostenitori aretusei erano appena sette.
E allora non andiamo in giro a raccontare motivazioni diverse da quelle improntate al disinteresse strisciante che il Siracusa si porta dietro da quando gli azzurri veleggiavano col vento in poppa sui campi della B.
“Ma lo sapete quali benefici può portare ad una città il poter contare su una rappresentativa di serie C o B – si intromise un vecchio sportivo?
Non lo fecero finire di parlare: “Se ha tutta questa buona volontà, si faccia avanti e metta mano al portafoglio… E se proprio ci tiene a saperlo, a me il calcio piace, ma quando i soldi per varare una buona squadra meglio che ce li mettano gli altri». Della serie: prendi, incarta e porta a casa.
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