
Nell’ultimo editoriale dal titolo: «La verità su 60 anni di sindaci mediocri: Siracusa nel baratro», oltre a riportare numerosi consensi registriamo un intervento che raccogliamo democraticamente come libertà di pensiero di un cittadino il quale posta: «È una offesa paragonare i siracusani ai catanesi. I catanesi sono bravi commercianti ma noi siracusani ci riteniamo un popolo mite, laborioso e onesto». Riteniamo che lo stesso non abbia fatto una disamina approfondita del testo, in quanto non era e non è nel nostro ‘verbo‘ offendere nessuno o fare disuguaglianze.
Nel cogliere questa affermazione abbiamo voluto profondere il nostro pensiero recondito e scritto: «I siracusani riportano ancora nel Dna i postumi storici della sudditanza nella tirannide e non riescono a liberarsene.
«Il diritto di ribellarsi a un potere politico nefasto, storicamente parte della nostra cultura, si è declinato nel tempo in diverse forme di passività. Dunque, se si rimane incastrati in una situazione disagevole come quella di adesso, da oltre tre lustri o non si riesci a cambiarla, la spiegazione è più profonda: c’è una parte di popolo che non vuole staccarsi, che ha bisogno proprio di quella situazione.
«Riconoscerlo è il primo passo per uscirne. Ma perché i siracusani non riescono a far valere le nostre ragioni in certe situazioni o con determinate persone?
«Forse perché sono in soggezione, sono troppo buoni, sono deboli o semplicemente perché “non si può”?
«Ci sono tanti tentacoli a imbrigliare la coscienza: obblighi, affetti, doveri, sensi di colpa, ma se osserviamo con attenzione, ci accorgiamo che anche noi siamo implicatie, in qualche modo, corresponsabili della situazione.
«Quindi nessuna offesa paragonare i siracusani ai catanesi, in quanto i cugini etnei una politica del genere l’avrebbero eliminata sul nascere, perché è un popolo fiero, orgoglioso, non avrebbero rieletto un soggetto simile al Vermexio o quant’anche l’avrebbero al più presto sfiduciato. Ed allora? Dobbiamo meritarci Siracusa negli ultimi posti nelle classifiche sulla qualità della vita?».
Come oggi sostenitori ed oppositori portano i propri argomenti sugli spalti della società civile. Fuggire, vivere o morire: per i siracusani avveduti, trascorsi i due anni delle amministrative di giugno 2023 e non avendo ancora nessuna prospettiva di sviluppo dell’attuale ‘tiranno inutile’, devono fare la loro seria scelta di vero cambiamento, cioè protestare per farlo recedere e indurlo alle dimissioni e/o sfiduciarlo al consiglio comunale.
L’attuale Amministrazione retta dall’attuale sindaco Francesco Italia si trova a palazzo Vermexio dal 27 giugno 2018 a conclusione mandato fino a giugno 2023. Lo stesso ha ricoperto il ruolo di vice sindaco dal 2013 al 2018 nella gestione dal Giancarlo Garozzo. Ed è nel quinquennio 2016/2021 che Siracusa ha subito un crollo demografico con un decremento da 122.031 a circa 114.000. Adesso il suo secondo mandato scadrebbe nel 2028 quando l’economia siracusana sarebbe polverizzata.
Senza alcuna prospettiva molti giovani, che si sono formati nel nostro territorio, hanno deciso di emigrare. La comunità siracusana ha investito risorse, e che avrebbero dovuto rappresentare il nostro futuro.
«Se la tendenza dovesse continuare con questo ritmo» affermano nell’ambito del commercio, «nell’arco dei prossimi dieci anni scenderemmo sotto la soglia dei 100.000 abitanti, con rovinosi risvolti economici conseguenti alla diminuzione delle risorse provenienti da Roma e Palermo nonché dei consumi globali e del Pil complessivo.
«Anche l’analisi della struttura per età offre un quadro negativo e di tipo regressivo, con il numero degli ultra 65enni che ha superato ormai abbondantemente quello degli under 14, e l’età media dei residenti passata da 39 a 45 anni in meno di due decenni.
«Popolazione che peraltro vive in un contesto del tutto carente di servizi con la sanità da terzo mondo, incapace di garantire condizioni di vita che possano definirsi anche lontanamente soddisfacenti; dalle ultime rilevazioni sulla qualità della vita, Siracusa risulta essere ben salda alla 104esima su 107 città capoluogo di provincia. Questo scenario di profonda crisi», conclude la nota, «colpisce gravemente anche i nuclei familiari residenti in provincia i quali usufruiscono complessivamente di un reddito medio di circa 18.000 euro annui, a fronte dei 31.000 della media nazionale». Una situazione dire poco drammatica.
A Siracusa, il passo del cambiamento, o, forse, anche soltanto il cambiamento di passo…, è quanto servirebbe, e con urgenza, in tantissimi aspetti della vita collettiva di questa città. Senza il quale, il declino potrebbe raggiungere un livello di ‘non ritorno’, oltre il quale potrebbero essere necessarie numerose generazioni per risalire la china (per una nuova economia occorrono non meno di 20 anni) e non è detto che ci si riesca. E, tra i tanti aspetti in cui tale cambiamento appare particolarmente necessario ed impellente, v’è certamente quello della Rivoluzione Culturale. Una ‘cosa’ di cui tutti tacciano per ignoranza, che, temiamo, non sappiamo neanche più bene cosa significhi per tanti. Sembra un calembour, ma cambiare il nostro approccio alla cultura sociale e al cambiamento, richiederebbe innanzitutto un Cambiamento Culturale.
A Siracusa albergano anime con ‘ritmo cardiaco scompensato’ o anime scarse-mediocre, non è dato sapere. In ognuno di noi alberga in sé, secondo la propria capacità, quattro, cinque, dieci o venti anime distinte e mobili. Per una funzione spesso incosciente, suggerita dal tornaconto personale e o politico, o imposta da quel bisogno spontaneo di volerci in un modo anziché in un altro, di apparire a se stessi diversi da quello che siamo, si assume una di quelle tante anime e, secondo essa, si accetta la più favorevole interpretazione fittizia di tutti gli atti che, di nascosto alla nostra coscienza, furbescamente operano le altre. E’ chiaro che uno tende ad ammogliarsi per tutta la vita con una sola di queste anime, con la più comoda, con quella che porta in dote le facoltà più adatte a conseguire lo stato cui aspiriamo. Ma, fuori dell’onesto tetto coniugale della nostra coscienza, è assai difficile che non si abbiano poi tresche con le altre anime reiette, da cui nascono atti e pensieri diversificati che subito ci affrettiamo a legittimare.
Sul termine Cultura a Siracusa ne abbiamo fatto vanamente sacrificio al Vermexio; tanto per cominciare, togliamole la maiuscola. Che a furia di innalzarla (a parole…) sugli altari, è stata vanificata al Vermexio. Proviamo a toglierle quest’aura che a Siracusa le abbiamo costruita, che ci ha poi portato ad immaginarcela come qualcosa di aulico, di elevato (la Cultura…), inevitabilmente contrapposto ad un’altra cultura, ‘bassa’, stracciona di cui stiamo vivendo in città.
Una differenza che, oltretutto, non ci ha minimamente aiutato a distinguere il grano dal loglio, ma anzi è stata foriera di una nuova confusione babelica, con l’etichetta di ‘culturale’ affibbiata anche a cose che nulla vi hanno a che fare, o con l’espungere dalla cultura alcuni suoi ‘pezzi’, solo perché considerati poco ‘nobili’.
«La vera Rivoluzione dobbiamo cominciare a farla dentro di noi», diceva «‘Che’ Guevara», divenuta persino elemento di un marketing straccione e di massa.
L’aforisma a Siracusa deve rappresentare la consapevolezza, di chi vuol cambiare lo stato di cose presente, che quando le condizioni storiche producono una accelerazione, e questa a sua volta genera disorientamento generale, ciò diventa una opportunità per chi, al contrario, sa con chiarezza cosa vuole cambiare, e come.
A Siracusa è tutto nebuloso, certo, per cogliere l’opportunità ci vogliono persone capaci di farlo. E che ne abbiano la volontà. Mettendosi in gioco. Intanto occorre trovare per governare al Vermexio, una persona talentuosa, seria e aperta al dialogo costruttivo per la città avveniristica.
Servono idee e progetti chiari. Ora, che si stia attraversando una fase di grande ‘declino, e che non si sappia bene come affrontarlo, è sotto gli occhi di tutti. Siracusa sta attraversando una fase molto ma molto critica, in cui sembrano mancare risposte positive agli annosi problemi che, nel contesto di una ‘crisi’ globale, risultano ancor più aggravati. Riflettere dunque su alcune idee, che possano servire al ‘cambiamento di passo’, è cosa utile.
Se i Siracusani fossero quindi veramente coraggiosi volti a far dimettere con le proteste e manifestazioni o fare sfiduciare in consiglio questo ‘ingrato’ sindaco, per una vera svolta, Rivoluzione Culturale e politica, in grado di rimettere in carreggiata la città di Archimede, offrendogli una nuova prospettiva di crescita (non solo economica), ed al tempo stesso un ‘senso’ di sé e del proprio ruolo nel mondo, occorrerebbero degli strumenti concettuali capaci di supportare e concretizzare la ‘svolta’. E poiché s’è parlato di Rivoluzione culturale, è su questo terreno che si dovrebbe provare ad abbozzare un’ipotesi, ad aprire un ragionamento. Ma su questa tesi, forse desideriamo molto, forse la popolazione è immatura, dovremmo rimandare tutti a scuola per una nuova coscienza.
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