Ogni anno muoiono sul lavoro nel nostro Paese oltre 1000 persone. Nel 2022 sono stati 1090 e nei primi due mesi del 2023 sono già oltre 100. Una media di 3 caduti al giorno sul posto di lavoro, un tasso ormai standardizzato di incidenti mortali tra i più elevati in ambito europeo.
In Sicilia, nel 2022, si contano 50 morti, di cui 6 a Siracusa, città che si colloca al 21° posto in Italia. Dei 50 decessi sul lavoro nella nostra regione, 12 avevano dai 60 ai 69 anni, 4 erano over 70 (età buona per la pensione, non per faticare ancora nei campi, nei cantieri e sui ponteggi). La fascia di età più colpita rimane quella fra i 40 e i 59 anni.
La Sicilia si colloca, dunque, tra le regioni con una maggiore incidenza di morti sul lavoro rispetto alla popolazione occupata. Sul podio delle peggiori regioni per numero assoluto di morti sul lavoro si pone la Lombardia che nel 2022 ne conta 177, ma diversa è la platea e dunque l’incidenza. Se allarghiamo lo sguardo al numero di denunce per infortuni in Italia presentati all’INAIL nel 2022 questo sfiora le 700.000 unità. Solo in Sicilia sono stati 28.277 contro le 19.264 dell’anno precedente, con un incremento del 47%. Di questi infortuni l’80% avviene nell’industria, nella logistica e nei servizi, mentre il resto nel settore dei trasporti, magazzinaggio ed edilizia.
In provincia di Siracusa, gli infortuni denunciati nel 2022 sono stati 1901, rispetto ai 1212 dell’anno precedente, con un incremento del 56,8%. Va tenuto presente, inoltre, che si tratta di numeri drogati al ribasso dalla enorme piaga del lavoro nero, del lavoro grigio, del lavoro non tracciato cioè di tutta quella economia sommersa che non arriva alla contabilità statistica.
Sono numeri da bollettino di guerra ma senza un esercito che vada in trincea. Un bollettino di guerra con il rischio che proprio i numeri finiscano per rendere invisibili, banalizzando quella vita spezzata tanto da venire accettata come “una cosa normale”. Ora, le ragioni profonde di questa strage continua sono note a tutti gli esperti della materia e, per giunta, v’è anche una diffusa condivisione d’idee sulle ricette da adottare.
Il vero problema è innanzitutto quello di assicurare l’effettiva applicazione della già esistente normativa sulla sicurezza ( che peraltro è omogenea a livello europeo) che fa a pugni con una carenza assoluta di controlli non solo per gli enormi vuoti in organico degli enti competenti (attualmente in Sicilia su un fabbisogno acclarato di 300 ispettori si registra la presenza di soli 63 unità di cui soltanto qualche sparuta unità a Siracusa) ma anche per l’assenza della necessaria integrazione funzionale tra i servizi di sorveglianza di INAIL, INPS, ASL e Ispettorato del Lavoro.
Allo stato non è operativa alcuna interconnessione tra le banche dati di tali Enti che, permettendo l’incrocio delle informazioni sintomatiche dei casi sospetti, potrebbe contribuire a concentrare la vigilanza sui settori più a rischio. Poi, è la stessa struttura del sistema produttivo che alimenta situazioni di pericolo. Una struttura arretrata, in prevalenza costituita da piccole e piccolissime imprese che spesso hanno scarso valore aggiunto e che, di conseguenza, mantengono la loro capacità competitiva solo grazie alla compressione dei salari e al degrado delle condizioni di lavoro tra cui emerge l’assoluta assenza di ogni cura per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Sotto questo profilo, l’allentamento e lo scardinamento dei precedenti vincoli del quadro normativo delle discipline giuslavoristiche, relativo alle diverse tipologie contrattuali che possono essere invocate, rischiano di contribuire, in modo indiretto, all’aumento esponenziale degli incidenti sul lavoro. La legittimazione di fatto di appalti al ribasso, di subappalti, di finte cooperative, di finto lavoro interinale, del lavoro precario finanche per singole giornate è infine divenuta una giungla nella quale i lavoratori rischiano di diventare l’ultimo anello della catena lungo cui si scaricano i costi di gare strappate al massimo ribasso o praticando sconti insostenibili. Più piccola o spregiudicata è la ditta o l’impresa, più precario il contratto del dipendente, maggiori le pressioni magari per straordinari o turni extra, minori le tutele.
Per queste ragioni, CGIL, CISL e UIL hanno chiesto al Governo precedente e ora a quello attuale, un atto di responsabilità collettiva che coinvolga Governo, Istituzioni, Conferenza Stato-Regioni, Enti preposti e parti sociali al fine di stipulare un Patto per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro all’interno ed in coerenza di un quadro pluriennale determinato dalla Strategia Nazionale Prevenzione e Protezione, da sempre assente nel nostro Paese.
Nel merito chiediamo ai Governi nazionale, regionali e locali
1) che tutti i finanziamenti alle imprese, che aumenteranno sensibilmente col PNRR, siano condizionati ad investimenti in salute sicurezza.
2) varare il modello di qualificazione delle imprese anche attraverso l’introduzione della patente a punti sulla base della regolarità delle imprese e dei requisiti di legalità
3) che siano applicati solo i contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle Associazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, affinché siano estese in modo certo a tutti le tutele in tema di salute e sicurezza, pena l’esclusione dai bandi stessi
4) mai al lavoro senza una preparazione e un addestramento adeguati indipendentemente dalla tipologia contrattuale, età, genere e provenienza
5) concretizzare un coordinamento permanente fra Ispettorato Nazionale del Lavoro, Azienda Sanitaria, INAIL, INPS e organi di vigilanza, migliorando le verifiche in quantità, qualità e frequenza
6) introdurre l’ obbligo di formazione per i datori di lavoro e non solo per i lavoratori. Non si può consentire che si possa divenire imprenditori e non conoscere la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
7) introdurre il divieto di contratti d’appalto al massimo ribasso e con aziende non perfettamente in regola con le disposizioni normative in salute e sicurezza sul lavoro.
8) inserire nei programmi scolastici, almeno a partire dalle Scuole superiori di ogni tipo, la materia della Salute e Sicurezza sul lavoro ponendo a priorità il messaggio del valore della vita umana anche sul lavoro. Le ragazze e i ragazzi che oggi sono a scuola saranno i lavoratori, gli imprenditori e i professionisti di domani. Devono acquisire la salute e la sicurezza sul lavoro non come una questione burocratica, ma di prevenzione e protezione per sé e per gli altri nell’ambito dal cultura dei diritti e delle tutele.
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