Un arresto cardiocircolatorio ha spezzato la vita di Margaret Spada, una ragazza di 22 anni originaria di Lentini, Siracusa, tre giorni dopo un intervento di rinoplastica eseguito in un ambulatorio romano. Era il 7 novembre.
Le circostanze della sua morte hanno aperto uno squarcio inquietante sul mondo della chirurgia estetica low-cost, spinta dalla pubblicità su TikTok, e sull’apparente assenza di regolamentazioni che caratterizza lo studio medico a cui Margaret si era affidata.
Lo studio era diventato popolare grazie a una massiccia presenza sui social media. Video su TikTok e Instagram reclamizzavano interventi estetici a prezzi competitivi, spesso promettendo risultati con tecniche “innovative”. Proprio attraverso queste piattaforme Margaret aveva scoperto i Procopio e deciso di sottoporsi all’intervento. Tuttavia, l’assenza di trasparenza era evidente anche online: nessuna partita IVA, nessuna società registrata per attività sanitarie.
Dietro la facciata, emerge un quadro di ambiguità che ha portato non solo la Procura, ma anche la Guardia di Finanza a indagare sui medici e sulle loro attività.
L’operazione, costata 2.800 euro, avrebbe dovuto essere un semplice rimodellamento della punta del naso, eseguito con anestesia locale e della durata di venti minuti. Ma qualcosa è andato terribilmente storto subito dopo l’iniezione anestetica.
Un monito a vigilare su un settore in cui le apparenze, amplificate dai riflettori dei social media, possono nascondere gravi carenze e mettere a rischio vite umane.
Prove e chat cancellate, documenti spariti, autorizzazioni mai ricevute: «In tre giorni hanno ripulito lo studio»
Intervento non tempestivo e inadeguato, resti di cibo nei bronchi, e indagini depistate
Nuovi tasselli dell’inchiesta emergerebbero dal report della ASL che getta ombre su quanto accaduto subito dopo il malore di Margaret
Sono trascorsi tre giorni prima che i Carabinieri del NAS intervenissero, trovandosi davanti una situazione che solleva molti interrogativi.
Nonostante il drammatico evento, lo studio è rimasto operativo, con i titolari che avrebbero coperto i sigilli di sequestro con un cartellone informativo. Gli investigatori ipotizzano che in quei giorni siano state cancellate o alterate prove essenziali, inclusi strumenti chirurgici e documentazione che avrebbero potuto confermare la natura dell’intervento.
Saranno ascoltati presto dai pm i due medici indagati per la morte di Margaret Spada. L’indagine della Procura di Roma vive di una nuova accelerazione con l’acquisizione, negli uffici della Regione Lazio, dei documenti sulle mancate autorizzazioni del centro medico di viale Cesare Pavese e la relazione dell’Asl Roma 2 sul “percorso clinico-assistenziale della paziente”.
Un dramma che si consuma in una manciata di minuti quando Margaret Spada, dopo essersi sentita male. In seguito all’indizione della anestetico arriva in ospedale dove morirà dopo tre giorni di agonia la situazione già compromessa grave l’edema celebrale scrivono i medici, nei bronchi sarebbero stati trovati resti di cibo.
La ventiduenne aveva mangiato un panino poco prima. Nessuno le aveva detto di rimanere a digiuno. Una catena di errori e sottovalutazioni, tutti elementi al vaglio nell’inchiesta.
Nuove indagini
Nuovi sopralluoghi dei carabinieri del Nas sono previsti in settimana, mentre gli inquirenti ascoltano l’ex pazienti, anche le loro testimonianze aiuteranno a capire cosa accadeva nell’ambulatorio.
Sul fronte delle indagini i carabinieri, coordinati dal pm Erminio Amelio che ha iscritto nel registro degli indagati i due medici titolari della struttura, si sono recati negli uffici della Regione per acquisire in primo luogo la relazione dell’Azienda sanitaria dalla quale emerge che la 22enne non venne sottoposta ad una “corretta e pronta rianimazione cardiopolmonare prima dell’intervento del 118”.
Parole che aprono all’ipotesi che, con un opportuno e immediato soccorso, Margaret si poteva salvare. Di “tragedia evitabile” infatti parla anche la deputata del Movimento 5 stelle, Ida Carmina, annunciando una interrogazione parlamentare.
La laurea in Romania e l’ombra sui titoli
L’ordine dei medici della Capitale annuncia l’apertura di un fascicolo nei confronti dei due indagati, Marco e Marco Antonio Procopio. Quest’ultimo venne bocciato ai test di Medicina: si piazzò al 6.230 posto su 6.265. La laurea, infatti, la conseguì in Romania.
Marco e Marco Antonio Procopio, rispettivamente padre e figlio, sono i due medici al centro dell’inchiesta: entrambi sono indagati per omicidio colposo. Le prime indagini hanno messo in luce una serie di irregolarità: lo studio, situato nel quartiere Eur, operava senza autorizzazioni per interventi chirurgici sin dal 2008, come confermato dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. Già all’epoca, l’ambulatorio era stato segnalato dai Nas per mancanza di requisiti, ma ogni controllo successivo era sfumato in un nulla di fatto.
Il figlio, Marco Antonio, si era laureato in Romania, ma non possedeva una specializzazione in chirurgia plastica, requisito fondamentale per eseguire interventi estetici. Il padre, invece, aveva autocertificato una specializzazione ottenuta in Brasile, ma ulteriori verifiche stanno mettendo in dubbio la veridicità dei titoli presentati.
“L’insorgenza di una aritmia totale”
Nell’atto aziendale si afferma, inoltre, che la notte del ricovero all’ospedale San’Eugenio, dove la giovane è arrivata in arresto cardiaco, la paziente ha manifestato “l’insorgenza di una aritmia totale”: gli esami sono stati, quindi, posti all’attenzione dei cardiologi che hanno escluso l’esistenza di una sindrome cardiaca pre esistente.
Il quadro clinico sarebbe drammaticamente precipitato la notte del 6 novembre con due “gravi periodi di aritmia cardiaca” culminati con la morte cerebrale. Agli atti del procedimento finiranno anche i documenti relativi alle mancate autorizzazioni per lo studio medico: lì dentro, dicono le carte, non si poteva operare e il titolare in un’autocertificazione dichiarava che venivano eseguite solo le visite pre e post operatorie.
I Nas dovranno anche effettuare un nuovo sopralluogo nello studio, ora posto sotto sequestro, per svolgere un inventario e verificare le strumentazioni di emergenza eventualmente presenti.
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