Le forze imprenditoriali hanno dichiarato di essere pronte ad affrontare la sfida della riconversione energetica da cui dipende il futuro prossimo dell’area industriale siracusana, ma hanno anche avvertito che senza il supporto dello Stato non ce la faranno e pertanto potrebbero essere costrette a chiudere. I prossimi due anni saranno cruciali per creare le condizioni affinché le aziende tornino ad investire. L’utilizzo mirato dei fondi previsti dal Pnrr per realizzare le infrastrutture logistiche è un’ opportunità irripetibile, se la sapremo sfruttare.
Queste le prime riflessioni di Salvo Baio, noto esponente del PD siracusano.
Le industrie della raffinazione, che nel nostro territorio producono un quarto del totale dell’intera raffinazione italiana, si trovano ad un crocevia delicato da cui dipende il futuro energetico di una parte significativa del Paese (e anche d’Europa) e quello di migliaia di lavoratori. Da qui la proposta del presidente degli industriali, Diego Bivona, di un “accordo di programma” tra forze produttive e forze sociali, che coinvolga le istituzioni di governo. Un patto per il lavoro e la produzione di energia pulita. Tale proposta, a mio avviso, non va lasciata cadere.
La politica è consapevole dell’importanza strategica ed economica di questa sfida? I buoni propositi abbondano, a giudicare dal coro che ha accompagnato il percorso per la dichiarazione di area di crisi industriale complessa. Il presidente della Regione Siciliana, per esempio, ha affermato che la Sicilia si candida a diventare la prima regione verde d’Italia, un centro di produzione di idrogeno. Parole di buona volontà, ma parole, almeno per ora. Alcuni parlamentari si sono impegnati a seguire l’iter romano, ma atti concreti ancora non se ne sono visti. Non mancano i silenzi di rappresentanti istituzionali e le ambiguità di chi sulla questione ha fin qui detto solo parole di circostanza.
Deve essere chiaro tuttavia – prosegue Baio – che le risorse fondamentali per gli investimenti da destinare alla transizione energetica, oltre che dalle imprese, devono venire soprattutto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tali risorse non vengono erogate con una telefonata, ma attraverso la predisposizione di atti, progetti, autorizzazioni.
L’accordo di programma, se sarà espressione unitaria dei sindacati dei lavoratori e delle imprese, può essere uno strumento fondamentale per dare forza alla prospettiva di una nuova frontiera ecologica.
In questo quadro, il ruolo dei sindacati è fondamentale per coniugare la transizione energetica con la salvaguardia dell’occupazione. La preoccupazione che serpeggia al loro interno è legata, credo, all’incertezza sui tempi e le modalità della transizione, incertezza che può causare contraccolpi occupazionali. Non dobbiamo dimenticare che alcuni complessi industriali che operano nel quadrilatero Siracusa, Melilli, Priolo, Augusta sono stranieri e ciò rende più problematica la trattativa.
Non va inoltre taciuto che – chiosa Salvo Baio – alcuni ambienti “radicalambientalista” sotto sotto pensano che un eventuale collasso produttivo eliminirebbe ogni problema di inquinamento e schiuderebbe un’era bucolica. Non tener conto dell’incidenza che ha il reddito prodotto dalle industrie sulla nostra economia è a dir poco irresponsabile.
Ho seguito per molti anni lo sviluppo dell’insediamento industriale siracusano da cronista de L’Unità, poi da esponente politico dell’allora Pci e dopo come rappresentante istituzionale. L’area industriale siracusana è stata a lungo teatro di memorabili lotte operaie per il “riscatto del lavoro”, come si diceva allora, e di battaglie contro l’inquinamento. Questa esperienza mi porta a dire che ci sono momenti in cui le forze del lavoro, della produzione, le istituzioni devono cercare un comune denominatore per vincere la sfida che hanno davanti. Oggi questa sfida si chiama innovazione, l’unica che può cambiare profondamente e positivamente il rapporto tra la produzione, le nuove fonti energetiche, la tutela ambientale e l’occupazione – conclude Salvo Baio.
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