Siracusa. Un grande siracusano il geniale artista Gaetano Zummo

di Redazione

Personalità eccezionale della nostra città dalla preziosità inesplorata

Dal vicolo Sant’Anna dietro il Teatro Comunale fino a via Privitera, una caratteristica stradella di Ortigia è intitolata a Gaetano Zummo. È l’unico ricordo della città ad un grande siracusano, ad un artista geniale, ad una personalità eccezionale.

La nostra città possiede immense ricchezze culturali dimenticate o ancora inesplorate: la sua originalità nel mondo è di avere significati infiniti tra il mito, la leggenda, il mistero.

Il millennio che si è appena concluso ha manifestato in Siracusa tutta la sua potenza spirituale non in grandi avvenimenti che sono mancati, ma in grandi, eccezionali personalità spesso sconosciute, assai spesso dimenticate.

Gaetano Giulio Zummo nacque a Siracusa nel 1656; il registro che recava la data del suo battesimo fu disperso nel terremoto del 1693 che distrusse gran parte della città. Studiò in un collegio religioso dedicandosi, quindi, alla scultura in cera che fu la sua specializzazione nella quale raggiunse i livelli più alti della genialità artistica. Il suo tirocinio si svolse in Siracusa: è stato osservato, in un interessante confronto iconografico, che la figura di Santa Lucia del Caravaggio nella chiesa siracusana di Santa Lucia, nel quartiere omonimo, si trova quasi fedelmente riportata nella donna in cera che si nota in primo piano a destra nel gruppo di Zummo Il trionfo del tempo.

Si trasferì a Napoli nel 1691, quindi a Firenze invitato alla corte di Cosimo III. Era già il celebre autore delle cere della Peste, con le immagini riprese dai quadri raffiguranti l’epidemia di Napoli del 1656.

A Firenze rimase fino al 1694: eseguì il gruppo in cera La corruzione dei corpi la cui figura femminile centrale è ripresa dalla statua del monumento tombale dedicato a Michelangelo in Santa Croce. Eseguì anche un orrido capolavoro: La sifilide che andò distrutta durante l’alluvione a Firenze del 1966 (ma della perdita di questo capolavoro nessuna traccia in atti ufficiali) : rimangono soltanto stupendi frammenti.

Dopo trascorse brevi soggiorni a Bologna e a Genova, ove modellò, sempre in cera, la famosa Testa — autentico capolavoro anatomico ed artistico — ripresa dai condannati a morte per decapitazione, ed ancora una Deposizione della quale si è ritrovata soltanto la figura del Cristo deposto ed una Natività caratteristica per la geniale trasposizione della tradizione popolare dei presepi siciliani in quella tipicamente rococò dei presepi genovesi.

Si trasferì quindi a Parigi ove ebbe fama eccezionale. Fu presentato all’Accademia delle Scienze; ebbe attenzione e stima da Luigi XIV e dal mondo culturale parigino. Continuò il suo lavoro con incredibile vitalità. Un insigne studioso, il prof. François Cagnetta, dell’Università di Tour (in visita nella nostra città), ha scritto che l’orizzonte di Gaetano Zummo furono la natura, il fato, la tragedia ed ha aggiunto: “Il fondo dell’universo di Zummo è una libido naturalis: un ‘erotismo’ violento e contrariato che esige con esasperazione il possesso completo. Non esita a raggiungerlo, per lo meno simbolicamente, su ciò che non può resistergli: il cadavere. Le desiderabili giovani morte dello Zummo, dai seni scoperti e dalle forme flessuose, sono proprio il simbolo del suo amore per la vita e la bellezza, il rimpianto per la bellezza naturale che muore e si decompone sotto la tragica legge interna della stessa natura. Desiderare quelle donne per Zummo non era mostruoso e colpevole, non era necrofilia: erano, quelle, soltanto vittime pure, vergini e madri amate, l’archetipo del dramma dell’esistenza umana. In tale modo il pathos di Zummo, per vie traverse, è un pathos greco, ellenistico. L’opera di Zummo fu la soluzione classica data da lui a tutta la sua ricerca artistica. Di fronte all’immagine del cadavere decomposto – simbolo della morte dell’uomo – la sola via di uscita si aprì a Zummo con la osservazione coraggiosamente distaccata e tecnicamente analitica che lo avvicinò al mondo nascente della scienza anatomica; e con il tentativo intenso e passionale di far rivivere l’uomo con l’arte, scolpendo proprio quel terribile simbolo della fine irreversibile”.

La sua spiritualità di artista, avvolta nelle nebbie del mistero, rimane di difficile decifrazione.

Zummo muore a 45 anni, improvvisamente, il 22 dicembre 1701. Fu sepolto a Parigi nella chiesa di San Sulpizio, ma la tomba andò distrutta con la distruzione della chiesa stessa durante la rivoluzione del 1789.

Alcune sue opere – prive di tutela – andarono disperse, forse raccolte da studiosi e collezionisti di opere d’arte; altre sono conservate a Firenze e a Parigi. In brevissima sintesi, un profilo di un grande siracusano: un esempio illustre di quella Siracusa perduta che tutti noi – siracusani di questi tempi – ardentemente desideriamo ritrovare.

Corrado Piccione

23 Ottobre 2018 | 10:39
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