L‘immobilismo del governo regionale sulla raccolta dei rifiuti organici rischia di provocare una voragine nelle casse comunali. Bisogna mettere la giunta Musumeci di fronte alle sue responsabilità, anche con forme clamorose di protesta, se si vuole evitare il collasso del sistema. Non è più tempo di pannicelli caldi.
La chiusura della Raco, la società titolare dell’impianto di compostaggio dei rifiuti umidi con sede a Belpasso, ha evidenziato la fragilità della gestione della frazione organica ed è destinata a ripercuotersi pesantemente sulle future modalità di conferimento e, come detto, sui costi a carico dei Comuni interessati, tra cui quello di Siracusa.
Perché la Raco ha chiuso? Perché, a suo dire, i rifiuti che riceve producono un eccesso di scarti (soprattutto plastica non biodegradabile), che non riesce a smaltire e che deve portare fuori dalla Sicilia e anche all’estero, con un aggravio di costi. Questa chiusura ha costretto il Comune di Siracusa a conferire in Calabria i propri rifiuti organici. Ciò ha determinato una brusca impennata dei costi che da 130/140 euro per tonnellata di rifiuti sono schizzati a quasi 220 euro con un aumento medio di oltre 80 euro per tonnellata. Una bella mazzata per il bilancio comunale e per le tasche dei cittadini.
Una situazione, questa, che non è destinata a migliorare, neanche quando, forse entro marzo, la Raco riaprirà i battenti. Infatti il suo amministratore delegato, intervistato da Massimiliano Torneo de La Sicilia, ha messo le mani avanti ponendo due rilevanti condizioni: un aumento stimato in oltre 40 euro per ogni tonnellata di organico conferito e l’assenza di impurità nei rifiuti in ingresso, pena la non ammissione al trattamento, con conseguente respingimento al mittente, cioè al Comune di Siracusa. Questa seconda condizione non è facile da realizzare in tempi brevi, perché implica comportamenti virtuosi da parte dei cittadini e una vigilanza assidua da parte dell’amministrazione.
Se questo è il quadro, ci si deve chiedere se la giunta Italia stia gestendo la situazione in maniera appropriata. L’assessore Buccheri si sta adoperando con la dedizione dello zelante funzionario amministrativo, ma come assessore competente dovrebbe, insieme alla giunta, prendere di petto il problema strutturale, altrimenti sarà costretto e mettere affannosamente toppe, peraltro costosissime.
L’accelerazione della raccolta differenziata fu imposta dal governo regionale nel 2018 con provvedimenti contingibili e urgenti e rispondeva alla necessità di ridurre l’apporto di rifiuti nelle discariche, ormai prossime alla saturazione. Da allora però non si è provveduto a realizzare le necessarie infrastrutture per rendere possibile un incremento delle frazioni merceologiche, prima fra tutte quella umida.
Non scopro perciò l’America se dico che il collasso del sistema dei rifiuti dipende dalla mancata programmazione da parte del governo regionale di nuovi impianti pubblici di compostaggio, per cui basta la chiusura anche di una sola struttura privata per determinare il black out. Se questa è la causa principale, si può reagire in due modi: assistere passivamente all’immobilismo di Palermo rincorrendo, con provvedimenti di emergenza, la crisi; oppure organizzare la protesta, facendo scendere in campo i sindaci interessati, l’Anci, mobilitando i parlamentari regionali. Per fare questo ci vogliano sindaci e parlamentari all’altezza del compito e delle necessità della comunità che rappresentano.
A completamento del quadro, bisogna dire che la Regione ha stanziato 12 milioni e mezzo per impianti nella nostra provincia, ma la Società di regolamentazione dei rifiuti (SRR) che se ne doveva occupare è stata commissariata a causa dei ritardi amministrativi.
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