Date un microfono a Gioia Pace, e comincerete a sentirvi immersi nella serenità e nella sicurezza di una sorta di liquido amniotico prenatale.
Il dono dell’eloquenza si evolve nel suo periodare, concetti (ancorché mai col rischio di scivolare nel manierismo) si snodano nel fil-rouge della conseguenzialità, il suo porgere l›agilità delle parole non concede spazio alle distrazioni.
Anche così è avvenuto la sera dedicata alla presentazione del suo libro «L’inquietudine allo specchio».
Preceduta dall’analisi critica di Massimo Arcangeli, che con la propria dottrina ha fatto anche la prefazione al libro titolandola «Lo scrivere inquieto», Gioia Pace ha spiegato, con serena dovizia di particolari, il perché e il percome sia stata indotta a scrivere.
Tra le varie argomentazioni a tratti di sommersa filosofia, ha percorso il suo personale tracciato annotando le sensazioni fornite anche da Ormar Kayyam e dalla sua poesia, con particolari enologici che l’hanno portata fino a Vasco Rossi.
E quindi la musica. La magia della musica, che le è venuta incontro col sassofono di Nino De Nicola con l’ammaliante «Dream a little dream of me».
Poi al leggio Edda Cancelliere ha letto, con l’eleganza e la tenerezza di una partecipe emozione, alcuni brani estrapolati dal libro, con gli inserti melodici di De Nicola.
Da dichiarazioni rilasciate in anteprima, Gioia Pace ha ammesso di avere scritto soprattutto per i giovani, ed ha specificato anche: «l’inquietudine è fermento, innovazione, coraggio, e trova nella musica la sua dimensione ideale. Gaber, Battisti, Dalla, Conte e altri cantautori ci hanno lasciato testi che raccontano cambiamenti emozionanti, impegni sui diritti umani, solitudini che si incontrano e sapori che vengono da lontano, perché la musica strega l’inquietudine per quel palese e misterioso accordo di note, e si rivela una medicina utile al mal di vivere».
A conferma, è lapalissiano, dell’input di questo articolo.
Dire di Gioia Pace che, per la complessità della, sua conformazione professionale, è certamente enciclopedica, non è piaggeria.
Non è un caso, tra l›altro, che la sua presidenza del Comitato siracusano della «Dante Alighieri» sia costantemente fervida di cultura ma anche prodiga di inventiva che spazia volutamente nel «wellfounded».
Un Evento, dunque, che corona una sua espressività morale, in una etica che sfocia nel civile, a supporto di quella inesausta divulgazione della cultura che la contraddistingue.
E allora, scrivere per i giovani. Perché sappiano degli sconvolgimenti (anche amorali) in cui crescono. E qui Gioia Pace fa intervenire la «effervescenza culturale» di Pessoa, Calvino, Pirandelio, Tabucchi, che “nel 900 hanno testimoniato la fragilità e la leggerezza del vivere attraverso la scrittura”.
Non è nuova, allora, alla scrittura Gioia Pace» Si sa che si impegna nella storia della letteratura italiana del 900 scrivendo saggi pubblicati su «Critica Letteraria» in riferimento ad opere di Quasimodo, Di Falco, Pirandello, D’annunzio e semplificandone la valenza.
Nel suo palmares brillano convegni, dibattiti, tavole rotonde, seminari, tutti celebrati con la partecipazione di eminenti personalità del mondo culturale, sociale, scientifico.
Solo cultura, dunque? Mannò. Gioia Pace vive la propria vita con particolare attitudine nel presente. Che è anche il presente degli associati alla «Dante Alighieri» di Siracusa,
Ed è così che trovano frequente collocazione le trasferte a Catania per assistere a commedie, musical, balletti, e concerti. Potrebbe bastare? Ma il presente è fatto anche di ricerca del benessere. Ecco perciò l’importanza del convivio con finalità enogastronomiche che affondano le radici nel costume, grazie alla versatilità collaborativa di Carla Siena.
E i viaggi? Non tanto le scampagnate, quanto gli itinerari all’estero per conoscere ed imparare che c’è dell’altro oltre la cinta daziaria di questa città: usi, costumi, leggende, per sentirsi partecipi e testimoni dell’esistenza degli «altri».
Un vasto panorama quello programmato annualmente da Gioia Pace, che in ogni occasione non smette di sottolineare la propria gratitudine per la compartecipazione del suo «gruppo di lavoro» che insegna gratuitamente l’italiano agli stranieri e le lingue straniere agli italiani, che tiene corsi di apprendimento su vasta scala anche nel tecnico, che si impegna nella formazione professionale.
Una realtà, quella del Comitato siracusano della «Dante Alighieri», che meriterebbe maggiore attenzione e sostegno da chi di competenza. basti dire che alla “Dante” nessuna autorità siracusana ha finora provveduto ad assegnare una sede stabile, un locale idoneo allo svolgimento di tanta operosità.
Ma questo è tutto un altro discorso. Che in una città come la nostra, dove a parole ci si imbelletta di classicità, dovrebbe essere finalmente preso in considerazione.
Ma Gioia Pace non si lamenta per questo. Lei affronta e supera comunque gli ostacoli. Per realizzare una attività meritoria che definire «preziosa» è pertinente.
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