Siracusa. Per il bene di Siracusa occorre fare coesione

di Giuseppe Bianca

Oggi il successo dell’individuo e dell’impresa è strettamente connesso e condizionato dal territorio in cui opera

La vita di un uomo comincia quando si è adolescenti, quando nasce l’irrequietezza, la rivoluzione interna, lo schioppettare di una fiammella d’intraprendenza, come la morte di Ernesto Guevara, più noto come «el Che» avvenuta il 9 ottobre 1967 che scosse l’opinione pubblica mondiale soprattutto i movimenti giovanili, che negli anni ’67 esplosero in Italia insieme ai movimenti studenteschi, la rivoluzione culturale, come scrive Cesare Borrometi nel suo libro «Blog sessantasette» la traccia indelebile del Sessantotto delle rivolte studentesche con una graduale occupazione delle principali sedi universitarie italiane sin dall’inverno precedente con le successive contestazioni giovanili, studentesche e poi gli hippies (e i loro fratelli europei, i «figli dei fiori»), tutto questo per far crescere e realizzare le esigenze della nostra fede di cristiani.

La nostra vita ha assunto tutto il suo senso quando ha scoperto, nella nostra fede, il fondamento della nostra azione rivoluzionaria. Questa fede non consiste nell’aderire a un catalogo di verità assolute, ma nell’aprirsi a una creazione, nell’impegnare la propria esistenza in uno stile di vita. La fede è ciò che ci mette in cammino.

Di quale fede si tratta? Direte voi. Fede in Dio? Fede nell’uomo? Questo è un falso problema, a nostro avviso.

Una fede in Dio che non comportasse la fede nell’uomo sarebbe una evasione, un oppio, una fede nell’uomo che non si aprisse su ciò che nell’uomo supera l’uomo, mutilerebbe l’uomo della sua dimensione specificatamente umana: la trascendenza, in cui si identifica una forma di esistenza.

La trascendenza non cade dal cielo; emerge dalla storia.

L’essenziale della fede è di giocare la vita sulla scommessa che la realtà più profonda è l’amore, cioè la scelta di uscire da sé per darsi all’altro; all’altro, chiunque sia, senza paura ma per pura condivisione, socialità. Come ha scritto Roger Garaudy nella «Parola di uomo»: la fede è speranza.

Una speranza per la quale il popolo Siracusano si è aggrappata alla nuova classe dirigente che fino adesso li ha cocentemente delusi. Una classe dirigente tutta nastrini e falsi sorrisi.

Diciamolo chiaramente a Siracusa manca la qualità nelle istituzioni, manca una politica seria, mancano gli uomini seri, intelligenti, i quali sappiano governare una città difficile ed una provincia che devono recuperare un gap del passato che è strettamente connesso al suo sviluppo economico.

Il compito non si limita solo al ben governare, ma si estende alla promozione del ricambio generazionale. Qui da noi siamo senza futuro politico. Fatta da piccoli uomini con la faccia pulita ma vuoti dentro.

Non solo, le istituzioni che funzionano devono impedire che un’élite si appropri delle rendite di risorse naturali che costituiscono, al contrario, il patrimonio collettivo. E‘ questo il punto centrale per avviare un dibattito per il futuro e il bene della nostra città.

Dalle resistenze della politica del passato (per fortuna, diciamo noi la sapienza politica ancora c’è per raccogliere e trasmettere l’esperienza) al cambiamento graduale dell‘alta burocrazia a una classe politica ‘liquida’ (dal concetto di modernità liquida a quello di indignazione passando per Zygmunt Bauman che quelle certezze del passato in ogni ambito, dal welfare alla politica, … concetti ripresi e approfonditi in testi come Amore liquido (2003) o Vita liquida (2005). Dicevamo una classe politica siracusana che conosce commistioni con settore economici e professionali, per arrivare a una schiera di manager che resiste muovendosi come fosse una lobby inossidabile ai nuovi dirigenti lacunosi senza idee ed energie: di tutto questo soffre, come noto, la nostra Siracusa.

Oggi il successo dell’individuo e dell’impresa è strettamente connesso e condizionato dal territorio in cui opera. Il sostegno alle comunità, la collaborazione tra impresa, i fornitori, i clienti, le Istituzioni, la promozione culturale e del territorio costituiscono variabili che entrano in diritto nelle politiche aziendali e diventano nuove leve che influenzano l’economia.

Il «Patto di Responsabilità Sociale» di Siracusa è un elemento vincente per la competitività del territorio e delle imprese e si impegna per promuoverla all’interno e all’esterno della sua organizzazione attraverso un processo di impegni concreti.

Ci attende una nuova stagione piena di impegni ma anche di insidie. Ci appelliamo ad un proverbio italiano: «l‘unione fa la forza»  che viene utilizzato per sottolineare allorquando un insieme di elementi o un gruppo di persone concorrono uniti per raggiungere un determinato scopo, sarà più semplice ottenerlo. E allora più coesione che i risultati si raggiungono, dalla serie: «prima è meglio è».

di Giuseppe Bianca 02 Settembre 2019 | 09:53
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