Ci sono modi e modi per uscire di scena e quello scelto dal signor Cutrufo non ci è sembrato quel che si dice un modello di eleganza. E se lo afferma chi lo ha difeso fino all’ultimo, vuol dire che il segno è stato superato e non di poco. Nessuno a questo punto mette in dubbio il diritto dell’ex patròn di disfarsi del Siracusa, ma ci sono modi e modi di esercitarlo senza ricorrere ai tanti giri di valzer che l’hanno preceduto. Prima l’idea della cessione per un euro della società, poi, trovato l’acquirente, l’assicurazione della suddivisione della torta, fifty fifty fra i due contraenti. Infine, quando sembrava fatta per il mantenimento della quota minoritaria del 34%, la notizia che il Siracusa passa totalmente nelle mani di Giovanni Alì.
E’ un finale a sorpresa fuori dal disegno iniziale 0 è l’obiettivo che si intendeva raggiungere sin dal primo istante della trattativa?
E la gente, quella stessa che fino all’ultimo ha difeso l’operato dell’ex patròn, questa volta non l’ha presa bene, sentendosi presa in giro.
E partendo dall’analisi di questo stucchevole tira e molla osserva che quando uno ha veramente la volontà di cedere per una cifra simbolica una società di calcio, se non trova localmente l’acquirente, non se ne va a cercarlo ovunque ma si reca dal sindaco della città e rimette nelle sue mani il mandato affidandogli la gestione provvisoria in attesa dell’esito dei tentativi che il primo cittadino avrebbe messo in atto per trovare gente interessata alla conduzione della società.
Qui non c’è stato niente di tutto questo, segno che l’obiettivo era dal primo momento quello che poi è stato raggiunto e non quello che ci era stato fatto credere.
La prima conseguenza? Un disorientamento generale, che non ha risparmiato neanche lo zoccolo duro del tifo, quello che aveva deciso di abbonarsi a scatola chiusa e che alla luce degli ultimi fatti o ha cambiato idea o giura che non metterà più piede allo stadio, non essendo più neanche tanto convinto dell’esistenza nel rogito notarile della famosa clausola di non trasferibilità del titolo, ipotizzando scenari ancora più cupi pur senza dubitare della buona fede dell’acquirente e della sua genuina passione per il calcio.
Trattandosi infine di una disciplina sportiva popolare che ha un certo seguito nella cittadinanza e di una società fortemente rappresentativa della città di cui porta il nome, non sono pochi coloro che si chiedono se non sia il caso di dedicare alla vicenda una seduta del consiglio comunale per approdare ad una decisione condivisa che potrebbe essere quella della nomina di una task-force in seno all’assessorato allo sport col compito di monitorare gli sviluppi di una situazione mai prima verificatasi a memoria di tifoso e che potrebbe compromettere l’esistenza di una società che si appresta a celebrare il secolo di vita, se una città distratta come la nostra continuerà a sguazzare allegramente nella palude dell’indifferenza generale.
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