Con una monografia dei Quartetti con flauto di Wolfgang Amadeus Mozart si è tenuto il terzo appuntamento della sessantesima Stagione concertistica dell’Asam. Il flautista Domenico Testaì e il Quartetto Katàne si sono esibiti in un Teatro comunale gremito di appassionati di musica da camera. Il Quartetto in re maggiore K. 285 apre l’esecuzione con il flauto che domina incontrastato in tutti e tre i tempi. Viola e violoncello, nell’Allegro, realizzano alcuni interventi ritmici in perfetta simbiosi, mentre il violino per poche battute dialoga a pari importanza con lo strumento principale.
Nell’Adagio, i caratteristici “sospiri mannheimiani” si annoverano tra i più bei tempi di tutta la letteratura flautistica, con lo strumento a fiato che dipinge una poetica melodica esaltato dai delicatissimi pizzicati degli archi. Conclude il Quartetto un Rondò tra i più impegnativi per il violinista, la cui parte di accompagnamento si rivela una sorta di “perpetuum mobile” che fa da sfondo al protagonismo del flauto accanto al quale il violino stenta ad affermarsi.
Nella stessa pagina si rappresenta il capolavoro assoluto mozartiano, tanto per il superamento dello stile galante quanto per la qualità dell’invenzione tematica. A seguire, il Quartetto in do maggiore per flauto e archi K. 171 è improntato ad un gusto classico che mira ad inserire, in un giusto dosaggio, il timbro del flauto nel gioco degli archi.
La composizione è avviata da una melodia cantabile, ripresa all’ottava inferiore dal violino e seguita da un ritornello dei quattro strumenti insieme. Ancora il flauto espone il secondo tema, sviluppato dal violino e contrappuntato dalle parti come un tema con variazioni, richiamando l’attenzione dell’ascoltatore per la linearità e l’espressività delle modulazioni, indicative anche in questo caso della geniale inventiva mozartiana.
Dopo un breve intervallo, il Quartetto K. 298, presenta un Lied di Franz Anton Hoffmeister rielaborato nel primo movimento e un antico e popolare rondò francese nel trio del minuetto. La composizione si snoda con tono piacevole e brillante, sin dall’Andante cantabile, di delicato lirismo all’italiana, arricchito da una serie di spigliate variazioni, affidate volta per volta ai vari strumenti, prima di ritornare al bel tema flautistico. Da sottolineare l’eleganza melodica e armonica del Rondò e la fosforescente leggerezza dell’Allegretto conclusivo.
Infine, il Quartetto in fa maggiore K. 370, opera originale per oboe riproposta dal gruppo da camera in una versione flautistica, presenta tutta la vocazione concertante e virtuosistica, con una piccola cadenza alla fine dell’Adagio, breve ma assai concentrata nel potere espressivo. Poi un tradizionale Allegro, in forma di Rondò, viene interrotto solo brevemente da un episodio che mette in evidenza tutte le doti virtuosistiche di Domenico Testaì.
Fuori programma trova spazio anche un estratto da “Il Flauto magico” dello stesso genio salisburghese, l’Aria di “Papageno”, idealmente ispirata, nella scena dell’opera, ad un flauto di pan che il buffo uccellatore suona con una musica in stile popolare che ritrae un personaggio scherzoso e spensierato. Lo spettacolo è stato anche replicato a Floridia, nella Sala Concerti degli Amici della Musica, in via Roma.
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