Era strano che lui, sindaco del Cga, trovasse un freddo piacere a seguire, – costretto (!?!) – fino in fondo il suo percorso e penetrarne le oscure reticenze per riuscire soltanto ad ascoltare e sentire sempre più profondamente la sua ‘presunta condanna’, cioè quella di non essere più rieletto nello scranno più alto della città. La crisi dei valori ha messo in crisi anche la politica come valore, non si crede a nulla e dunque neppure alla politica.
Enrico Letta è stato chiaro qualche giorno fa che il Pd, è a caccia di candidati forti. È questo il bersaglio a cui punta il Pd e non solo (anche Calenda con Azione ed altri). Con un obiettivo: provare ad allargare il bacino di consenso.
Ecco perché l’imperativo tra gli strateghi è diventato il seguente: «Trovare candidati forti». Da pescare, così almeno ha voluto Letta, in primis sui territori. Anche fuori dai confini del partito. Ma per strappare voti (e soprattutto collegi) alla destra si guarda anche a una pletora di candidati indipendenti forti di consensi.
Questo in estrema sintesi il pensiero dei leader dei partiti. Mara Carfagna e Gelmini, dopo l’addio a Forza Italia in seguito alla mancata fiducia al Governo Draghi, si candideranno con Azione, il partito di Carlo Calenda. Ne ha dato notizia la stessa ministra per il Sud al Corriere della Sera.
Ma alla luce della ricerca di candidati forti di consenso nei vari partiti per accrescere nell’ambito nazionale la credibilità, che valore poteva avere ed ha Italia, il sindaco del Cga?
Che in nove anni di amministrazione, prima da vice sindaco e dopo da primo cittadino è riuscito a farsi più nemici che consensi elettorali? E’ ovvio che Carlo Calenda, a quanto pare, era scontato, abbia estromesso Italia dalle liste Camera e Senato, altro che il sindaco ha fatto credere ai siracusani, in parte creduloni, di rimanere in carica per amore della città in nome di quel ‘Patto per Siracusa’ finito nel ‘cimitero’ delle vecchie alleanze. Le bugie corrono sul filo del rasoio della presunta verità. Ma qual è verità?
Forse quella di un tizio talmente imbroglione che quando si guardava allo specchio si imbroglia lui stesso? Mah! La politica siracusana è fatta di imbroglioni? Prolificano soprattutto nel periodo elettorale per promettere ai cittadini quello che non possono dare pur di raggiungere i loro interessi. Non c’è dubbio, non c’è più pudore.
Abbiamo raccolto dai social l’affermazione di un siracusano: «La decisione del sindaco Francesco Italia di non dimettersi dalla carica e di non partecipare alle elezioni politiche di settembre, dichiarando di voler terminare il proprio mandato, ha suscitato in me una grande ammirazione nei suoi confronti. Ha dimostrato un senso del dovere, responsabilità e rispetto verso i siracusani fuori dal comune, perché non è da tutti saper rinunciare a 5 anni di poltrone, stipendi e privilegi. A volte non sono stato tenero con lui; a volte ho fatto satira anche pesante, ma sempre nei limiti dell’educazione, ma alla luce di queste sue dichiarazioni ho cominciato a ricredermi sul suo modo di fare. Ricordo che ha dovuto affrontare l’emergenza covid19, una calamità mai affrontata da nessun sindaco prima di lui e che stiamo tutti attraversando una crisi economica nazionale senza precedenti. Quindi continua così sindaco Francesco Italia, solo per le tue parole di ieri ti sei meritato il mio rispetto». Ma per favore…, altro che siracusani creduloni…
Come diceva Buzz il fratello di Kevin nel film ‘Mamma, ho riperso l’aereo – mi sono smarrito a New York’: «Be’, adesso basta con questa svenevole manifestazione di giubilo».
Diteci chi è quel politico che per assicurarsi un posto al sole, per altri 5 anni, a Roma, con copiosi emolumenti, non avrebbe fatto il patto con il diavolo?
«Personalmente approvo, con sollievo, questa decisione, afferma un cittadino sui social, «ho davvero temuto che ci saremmo ritrovati il deputato ‘nominato’ da Calenda e ancora una volta in quota al centrosinistra, senza sapere come… Senza considerare i danni legislativi che avrebbe certamente arrecato coi suoi sicuri emendamenti peggiorativi sulla legislazione dei beni ambientali e culturali. Se invece si vuol ricandidare a sindaco, in nome di quel “patto coi siracusani”, di cui parla insistentemente, la trovo un buon banco di prova per tanta gente che prima lo ha sostenuto, poi scaricato (giusto un po’), poi di nuovo lodato per le sue effimere iniziative che gettano fumo negli occhi. Dunque si avvicina finalmente il momento della verità, per molti, se non per tutti…».
Non abbiamo il solo caso Italia ma anche quello della vicina Catania con la quale dobbiamo confrontarci. Sui social: «Condannato non può fare il Sindaco: Meloni lo candida capolista al Senato. Se volete sapere com’è fatta questa nuova destra che avanza e che tutti danno per vincente, dovete guardare a Catania. Salvo Pogliese, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, fino a giovedì è stato Sindaco “sospeso” della città. Sospeso, ai sensi della Legge Severino, perché condannato in primo grado per peculato: ha utilizzato i soldi della Regione riservati ai gruppi parlamentari per spese personali. Nonostante tutti gli inviti alle dimissioni, “perché una città complicata come Catania non può restare senza Sindaco”, lui ha sempre rifiutato. Fino a oggi. Per Salvo Pogliese, Sindaco sospeso della città di Catania, condannato in primo grado per peculato e in attesa della sentenza di appello che lo costringerebbe all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, Giorgia Meloni ha pensato al posto di capolista al Senato per Fratelli d’Italia. Un posto comodo, che lo aiuterebbe nel caso di condanne definitive. Così, mezzo pec, Salvo Pogliese si è dimesso finalmente da Sindaco dopo mesi e mesi di sospensione. E si tufferà in campagna elettorale. Per nascondersi dai processi tra gli scranni del parlamento, dimostrando un altissimo rispetto per le Istituzioni, con gli applausi dei camerati. Questa destra fiera, dura, coerentissima, incorruttibile, sembra assomigliare tantissimo alla vecchia, sporca, corrotta e arrogante politica alla quale siamo tristemente abituati. Per questo fa paura, non per altro».
Sull’argomento rifiuto del sindaco di Siracusa, alla candidatura alle Politiche per rimanere e ricandidarsi a giugno del 2023 a sindaco, Salvo Benanti tuona: «Sì, Italia pensa sul serio che i siracusani siano cretini e che possano ancora dargli un briciolo di credibilità dopo il ‘bar al Maniace’, lo scippo ‘all’Amp’, ‘palazzo Impellizzeri’ per 50 anni ai catanesi, il ‘Teatro comunale’ che apre quando può come un pub di proprietà privata, le ‘mostre con opere false’, il traccheggio con Sgarbi sul ‘Caravaggio’, la ‘campagna elettorale di maggio-giugno 2018, i brogli elettorali’ certificati da commissione prefettizia prima e Tar dopo, la ‘forzatura sui loculi’ su cui oggi stranamente si tace, la ‘tassa di soggiorno’ che scompare e compare, le ‘piste ciclabili di Paperopoli’, le ‘giostre al parcheggio Talete’, e almeno un centinaio di amenità similari; tutti fatti successi in una città di collusi e/o conniventi distratti. E di cretini, almeno nel pensiero dominante di chi (dis)amministra distruggendo letteralmente tutto quello che tocca, novello Attila arrivato da Milano» così conclude Benanti.
Da non dimenticare il disinteresse verso i propri cittadini nel periodo della pandemia, – Libertà ndr – il disinteresse per il nuovo ospedale dove ancora oggi mancano progetti e finanziamenti, il sindaco per legge è l’autorità della Sanità a Siracusa.
Carlo Calenda o chi per lui avrebbe preso in serie considerazione un nominativo perdente? Assolutamente no. Semplicemente, Italia non avrebbe avuto nessuna possibilità alle nazionali. Punto.
Per carità di Dio, alziamo le braccia al cielo e facciamo salvo l’aspetto personale.
In questa disamina di negatività dove la città è caduta, i siracusani pregano la Madonna delle Lacrime per fare trascorre in fretta il periodo per arrivare alle prossime amministrative dell’11 giugno 2023.
I siracusani dovrebbero dare il loro consenso a persone, con curriculum prestigiosi, la cui credibilità è conclamata da lunghi anni sul territorio che hanno seguito giorno dopo giorno con passione tribolate vicissitudini della politica locale.
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