Con è passato un secolo dagli anni ’60, ma è come se avessimo chiuso per un attimo gli occhi e ci fossimo ritrovati in un futuro lontano mille miglia dal presente. E tanto vale partire dalle diversità più macroscopiche che fanno apparire il pianeta calcio di oggi, lontano anni luce di quello di ieri.
A cominciare dai canali di finanziamento. Ieri affidati ai bilanci degli enti pubblici (Comune, Provincia e Regione) e all’abilità della compagine politica di ottenerli in nome e per conto della società di riferimento. Erogazioni commisurate alle voci di spesa effettive, secondo consuntivi che rispecchiavano le previsioni in cui concorreva la scontistica sui mezzi di trasporto, meglio noti come sconti C.O.N.I. e le possibilità di accedere al Credito Sportivo, con maggior facilità di oggi, che tenevano lontano il rischio di default delle società.
Poco alla volta, però, queste erogazioni cominciarono a puzzare di clientelismo e portarono al loro abbattimento, con effetto «solletico» per le società che avevano alle spalle imperi economici e con l’affannosa ricerca di risorse alternative di società come il Siracusa che si trovarono a fronteggiare l’improvvisa tempesta senza la protezione di un semplice ombrellino.
Tempesta che assunse le dimensioni di un ciclone all’indomani della sentenza Bosman che trasformò dalle fondamenta il pianeta calcio in cui si trovarono più a disagio quelle società che tutto fecero fuorché adeguarsi.
Le difficoltà incontrate dal Siracusa al defilarsi della proprietà Alì e venute al pettine con conseguenze disastrose per la conservazione di un titolo prestigioso, nel programma di lavoro della nuova direttrice generale, Simona Marletta, devono rappresentare il punto di partenza per l’auspicabile inversione di tendenza.
E il nostro plauso al suo gradito ritorno va inteso come riconoscimento delle sue capacità a traghettare il Siracusa al traguardo dell’autosufficienza per non incappare mai più nelle insormontabili difficoltà che hanno caratterizzato un’estate tutta da dimenticare, fatta eccezione per il pensiero al ricorso alla valorizzazione dei giovani che col gioco delle plusvalenze ha assicurato lunga vita a tante società, tipo Empoli, che partite dalle ridotte dimensioni del Siracusa hanno raggiunto una posizione di tutto rispetto.
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