È Siracusa la provincia siciliana che nell’ultimo anno ha perso più suolo naturale. A dirlo è il nuovo report Ispra-Snpa 2025, che fotografa un’isola sempre più artificiale, dove al tradizionale cemento urbano si aggiungono ora le grandi distese di pannelli fotovoltaici che stanno cambiando volto a campagne e periferie.
La provincia aretusea guida la classifica regionale per nuovo consumo di suolo: ben 210 ettari scomparsi tra il 2023 e il 2024, più di qualunque altra area dell’isola. Subito dopo si piazzano Trapani (164 ettari) e Catania (116).
Carlentini e Augusta in vetta: l’impatto dei mega impianti
Nel dettaglio, il report indica Carlentini e Augusta tra i Comuni siciliani dove la trasformazione del territorio è stata più marcata nell’ultimo anno. Carlentini ha perso 58 ettari di suolo naturale, di cui 30 coperti da pannelli fotovoltaici, mentre ad Augusta il consumo ha raggiunto 56 ettari, legati sia a nuove costruzioni che all’installazione di impianti energetici.
Il fenomeno coinvolge anche altre aree del Siracusano, come Melilli, inserita tra i primi dieci Comuni dell’isola per incremento di suolo artificiale. In totale, nel 2024, la Sicilia ha coperto con pannelli solari 271,8 ettari, pari al 34% di tutto il nuovo suolo consumato.
Un primato che pesa sull’ambiente
I numeri del rapporto mostrano come la provincia di Siracusa sia ormai diventata uno degli epicentri regionali della trasformazione territoriale, al pari delle aree metropolitane di Palermo e Catania. Nel complesso, in Sicilia risultano 168.431 ettari di suolo ormai urbanizzati, pari al 6,56% della superficie dell’isola.
Se le grandi città restano i luoghi storici della cementificazione – Palermo (40,02%), Catania (29,33%), Messina (17,11%) – il vero allarme arriva dalle aree rurali e costiere, dove la pressione di nuovi impianti, cantieri e infrastrutture rischia di compromettere gli equilibri ambientali.
Corsa al fotovoltaico e nuove costruzioni
Il dossier evidenzia un paradosso sempre più evidente: la transizione energetica, pur indispensabile, sta consumando territorio a ritmi simili a quelli dell’edilizia tradizionale.
L’Ispra ricorda che «il consumo di suolo rappresenta una delle principali minacce alla biodiversità, alla sostenibilità ambientale e alla resilienza climatica».
Eppure la spinta a costruire non si ferma: la Sicilia è la terza regione in Italia per numero di nuovi permessi edilizi nel 2023 (2.578), dietro solo a Lombardia e Veneto.
Tra le città dove si è edificato di più figurano Catania (30 ettari), Ragusa (22,19) e ancora una volta Augusta (21,71).
L’assalto alle coste e il rischio sismico
Il report Ispra sottolinea anche la crescente pressione sulla fascia costiera: circa un terzo del nuovo suolo consumato si trova entro 10 chilometri dal mare. La Sicilia segna il maggior aumento nazionale sia nella fascia 0-300 metri (+25 ettari) che in quella 300-1.000 metri (+60 ettari). A peggiorare il quadro, il dato sulle costruzioni in aree ad alto rischio sismico: nell’ultimo anno 139,9 ettari di nuove edificazioni sono sorti in zone vulnerabili, un primato negativo che riguarda anche diversi Comuni del Siracusano.
Un equilibrio sempre più fragile
La fotografia finale dell’Ispra è chiara: la Sicilia continua a perdere terreno naturale e Siracusa è oggi il simbolo di questo squilibrio. Il territorio aretuseo – tra nuove costruzioni, fotovoltaico e pressione costiera – si trova al centro di una trasformazione che impone una riflessione urgente. Perché la sfida non è solo produrre energia pulita o costruire di più, ma tutelare un patrimonio ambientale e paesaggistico unico, che rischia di dissolversi sotto l’avanzata silenziosa del ‘nuovo cemento verde’.
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