Alla vigilia della messa in scena della commedia aristofanea “Lisistrata”, che verrà rappresentata dal 28 Giugno al 6 Luglio al Teatro Greco di Siracusa e vedrà debuttare la regia di Tullio Solenghi, la fondazione INDA, anche quest’anno, può vantare l’inestimabile contributo della lectio ad opera dell’esimio filologo classico, storico, saggista Luciano Canfora, tenutasi nel pomeriggio di martedì nella suggestiva cornice dello spazio antistante l’Orecchio di Dionisio e intitolata: “Il colpo di stato di Lisistrata”. La professoressa Margherita Rubino ha introdotto e presentato il prof. Canfora, invitando la platea di uditori a leggere uno dei numerosi testi pubblicati dal filologo classico, intitolato “Cleofonte deve morire”, che ha il merito di canonizzare Aristofane quale autore di grande impegno, sottraendolo alle riduttive vesti del commediografo. All’interno della pubblicazione di Canfora, ha ricordato la Rubino, sono presenti una serie di capitoli dedicati a Lisistrata che aiutano ad arricchire di significativi elementi quella sorta di parallelismo che, in modo quasi obbligato, nasce quando si confronta quanto narrato nella commedia aristofanea ai fatti realmente accaduti in quel tempo nella storia della politica di Atene. Presa la parola, il prof. Canfora è subito entrato nel vivo della lectio, focalizzando l’attenzione degli uditori su alcuni punti imprescindibili che avallano la liceità del suddetto parallelismo. Il primo indizio interessante, svelato dal professore, non è stato altro che una constatazione di fatto: tra le opere di Aristofane, differentemente da altri autori classici, solo “Lisistrata” rimanda al nome di un personaggio, quand’era invece consuetudine presentare le commedie con il nome del leader politico sbeffeggiato. È seguita una parentesi erudita in cui il filologo si è soffermato sull’origine del nome di Lisistrata e sulla sua altissima capacità da leader politico sia in terra ateniese che a livello internazionale: un personaggio che ebbe il merito di costruire un’alleanza tutta al femminile tra donne ateniesi, spartane, corinzie e beote, escogitando l’infallibile strategia di negarsi sessualmente agli uomini finché questi non avessero posto fine all’interminabile Guerra del Peloponneso; una ritorsione vincente contro l’assenza prolungata di mariti sempre impegnati nel conflitto. È emerso a questo punto un altro dato importantissimo: il fatto scandaloso che protagoniste siano le donne e che, in particolare, ad una di loro si debba la risoluzione delle ostilità, ardua impresa mai riuscita ai governi in carica. Come risaputo, la società ateniese era chiusa, non lasciava alcuno spazio alle donne, possibilmente presenti negli entourage dei filosofi ma soggetti invisibili, esclusi dalla vita politica della polis greca, diversamente da quanto accadeva a Sparta in cui era riservato loro un rilievo sociale nella condotta pubblica. Canfora ha poi smentito la validità di quanti, approcciando il testo aristofaneo di Lisistrata, lo ritengano frutto di una commedia stanca e malriuscita ed ha incentrato l’argomentazione sull’atto vincente della congiura escogitata dalla protagonista: l’occupazione dell’acropoli, luogo nevralgico della politica ateniese in cui veniva conservato il denaro indispensabile per alimentare l’incessante macchina della guerra, utile anche (e non soltanto) al procacciamento della legna per costruire le navi. Sbarrare l’ingresso all’acropoli significava dunque arrestare qualsiasi foraggiamento. Un ulteriore dato, di carattere storico, è fondamentale e si conosce attraverso la lettura del testo dell’opera: la commedia ha il merito di testimoniare che l’autorità politica allora era rappresentata dal probulo (erroneamente appellato “commissario” a causa di fallaci traduzioni), che appare sulla scena descritta da Aristofane. Non è un fatto da trascurare: si tratta di uno dei dieci probuli nominati per espletare il compito della Boule dei 500 ormai esautorata dai suoi poteri, dunque la dimostrazione inconfutabile di quanto l’opera di sgretolamento dell’impero, fine ultimo del programma tessuto dal personaggio di Lisistrata, fosse già in fieri a partire da qualche anno prima del debutto della commedia di Aristofane alle Lenee (anno 411 a.C.). Oltre all’apparizione del probulo, un momento essenziale è dato dallo scontro tra i cori dei vecchi. Nella dialogica parabasi della Lisistrata i vecchi nostalgici della democrazia denunciano apertamente “Sento odore di Ippia, ma ho il pugnale nel mirto, mi vogliono togliere il salario, hanno tramato tutto questo per stabilire su di noi una tirannide!” (vv.614-635) e, come ha sottolineato Canfora, dall’episodio si evince quanto sia nitido nella memoria il ricordo della tirannide e quanto sia difficile sottrarsi al consolidato lessico politico corrente, fondato sulla sinonimia semplicistica di oligarchia e tirannide, nonché espropriare la classe popolare del suo potere privandola del misthos. Canfora la definisce “una pagina perfetta!” da cui traspare nitida l’altissima esperienza che Aristofane ha della politica e dell’oratoria che le è propria. La conclusione della vicenda è il trionfo del progetto di Lisistrata, donna saggissima che induce gli uomini esasperati dall’astinenza sessuale ad accettare i suoi programmi e nel suo ultimo intervento tesse sapientemente le argomentazioni del discorso a seconda dei destinatari cui si rivolge: agli spartani rimprovera di devastare le terre in presenza del barbaro, agli ateniesi ricorda la sconfitta di Ippia ad opera principalmente degli spartani. “Entrambi discorsi efficaci – ha rilevato il prof. Canfora – più veridico il secondo!”. La pace è fatta. Il disegno della commedia non cela affatto l’ideale panellenico di Aristofane, il suo parteggiare per Lisistrata, tuttavia è forse un po’ in ombra la tempistica, il momento storico in cui si inserisce la presentazione dell’opera alle Lenee: questo è quanto messo in evidenza dal professore Canfora. Corrono già i tempi in cui la fazione degli oligarchi sta consolidando il suo potere, lo sgretolamento della politica è già in atto un anno prima del debutto della commedia “Lisistrata”. In chiusura del suo intervento, Canfora ha risposto a dei quesiti cruciali per avallare la tesi sottesa all’intera lectio: la straordinaria valenza storico-politica dell’opera aristofanea. “Come mai questa perfetta sintonia? Come fa Aristofane a conoscere fatti in fieri, noti solo alle eterie? (…) La conclusione è diagnostica, interpretativa: Aristofane è in contatto con questi ambienti, non è un propagandista ma un simpatizzante, non è un semplice uomo di partito!”. Aristofane è uno straordinario testimone che sapientemente traspone gli accadimenti del suo tempo nell’allegoria esilarante di “Lisistrata”.
Clara Navarra
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