Il carcere duro che sta scontando a Spoleto ha indisposto il boss Alessio Attanasio che si trova in isolamento dalla mattinata di venerdì 19 ottobre a causa di protesta pacifica inscenata nell’istituto di reclusione di Spoleto dove sta scontando le condanne avute inflitte per svariati reati, n regime di 41 bis dovendo scontare una pena a 20 anni di reclusione. Il motivo della protesta pacifica è insita nel fatto che la direzione dell’istituto penitenziario di Spoleto non ha ancora recepito una re- cente sentenza della Corte di Cassazione che accogliendo una specifica richiesta inoltrata dal garante dei diritti dei detenuti, ha emesso una sentenza con cui ha stabilito di aumentare da una a due le ore d’aria anche per i detenuti in regime di cosiddetto carcere duro.
Il suo malcontento non è stato approvato dagli agenti della Polizia penitenziaria, che hanno reagito con violenza: hanno sollevato di peso il detenuto e, mentre Attanasio cercava di divincolarsi, lo hanno con forza “trascinato” per decine di metri fino alla postazione dove sono ubicate le camere “lisce”. Si tratta di celle assolutamente vuote all’interno delle quali c’è solo la branda per consentire ai detenuti in punizione di sdraiarsi.
Dalla cella “liscia” Alessio Attanasio è uscito nella mattinata di sabato per poter effettuare le telefonate ai propri famigliari e all’avvocato Sebastiano Troia. Nonostante la punizione dell’isolamento le telefonate sono state regolarmente autorizzate poiché già da tempo prenotate. Ma anche per evitare le proteste sia dell’avvocato Troia che della mamma e dei fratelli di Attanasio, già in attesa all’interno della Casa Circondariale di Cavadonna.
Il tempo a sua disposizione per ogni telefonata, Alessio Attanasio lo ha impiegato per raccontare la disavventura che gli era occorsa e per chiedere ai famigliari e al difensore di fiducia di presentare immediata denuncia o ai Carabinieri o alla Polizia di Stato contro quelle che lui ha definito torture cui sarebbe sottoposto.
Al boss Attanasio si ritorcono contro i suoi ricorsi, fino alla Corte di Cassazione, contro le decisioni delle Direzioni delle carceri di Sassari, Roma e Spoleto, di negargli l’acquisto a proprie spese di un computer per fini di studio (gli mancano alcuni esami per la tesi della laurea in giurisprudenza) e di difesa visto che si trova alla sbarra per gli omicidi ai danni di Angelo Sparatore e di Giuseppe Romano.
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