Sono bastati quindici giorni, giorno più giorno meno, per cambiare da così a così le caratteristiche del girone meridionale di serie C, meglio noto come quello dei nababbi per essersi distinto in passato per la generosità di patròn che non hanno disdegnato a acquisti di prima fascia e spese da grandi società. Una volta però tacciati di spese pazze e di alimentare il circuito degli anziani al termine della carriera, a danno delle tante linee verdi, trionfalmente annunciate e appena dopo qualche giorno, ridimensionate o addirittura rimandate a miglior occasione.
A differenza delle altre circostanze, questa volta però la causa principale di questo cambio di rotta non fa parte né di mode né di nuove strategie ma appare piuttosto imposta da una politica che ha logorato il sistema.
Gli organici competitivi sono nati dalle possibilità di salto di categoria che fino all’anno scorso c’erano e da quest’anno non ci sono più, o meglio, si sono ridotte talmente da non rischiare di correre inutili rischi.
Piccole società come Rende, Frncavilla, Casertana, la stessa Reggina e almeno altre cinque fra le quali il Siracusa, dovranno vedersela con giganti come Avellino, Bari, Catanzaro, Catania, Palermo e Trapani, meno naturalmente quella che riuscirà ad andare direttamente in B e se è vero che la promozione può ottenerla anche un’outsider come la Juve Stabia, non significa che può ottenerla chiunque. Un modo per la verità ci sarebbe. Ed è quello di disporre di talent scout in gamba, capaci di far vivere le società dalle quali dipendono di plus valenze che significa acquistare a cento e vendere a mille e farsi negli anni una squadra competitiva capace di raggiungere traguardi impensabili.
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