Si sono presentati davanti al Gip Carlo Umberto Cannella della Direzione distrettuale antimafia gli indagati nel blitz «Eclipse» che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. In molti dei 10 arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere mentre gli altri hanno respinto le accuse. Le due donne Monica Campisi, 31 anni e Concetta Cavarra, 33 anni, arrestate saranno invece interrogate oggi a Messina dove sono state trasferite a causa della carenza di posti nel carcere di piazza Lanza.
Gli indagati: Sebastiano Amore, 37 anni, detto «Iano bum bum»; Giuseppe Bianca, 34 anni, meglio conosciuto col nome di Iano; Giovanni Di Maria, 30 anni, detto «Gallina»; Corrado Lazzaro, 32 anni; Paolo Nastasi, 36 anni; Giuseppe Tiralongo, 31 anni, detto «Peppe Sobà»; Corrado Vaccarella, 24 anni, detto «Stucciu» e Gianluca Vaccarisi, 34 anni, detto «Luca Pappaconi».
In molti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere mentre Corrado Lazzaro, difeso dall’avvocato Antonio Campisi ha deciso di rilasciare delle dichiarazioni spontanee spie- gando di «non conoscere nessuno del clan Crapula», il sodalizio criminale che secondo gli investigatori avrebbe coordinato l’attività dei dieci arrestati accusati di estorsione, danneggiamento seguito da incendio, associazione finalizzata al commercio, trasporto, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti detenzione, porto e cessione di armi clandestine.
Tutti i reati sono aggravati, secondo gli investigatori, dal metodo mafioso con il gruppo che avrebbe avuto l’obiettivo di agevolare proprio il clan Crapula; accusa che è stata respinta da Lazzaro con il trentaduenne che ha spiegato come gli unici rapporti con Giuseppe Capozio, condannato a tre anni e otto mesi per la tentata estorsione ai danni del titolare del cantiere che stava costruendo una clinica alla periferia di Avola, erano legati a un semplice rapporti di amicizia.
«Le conclusioni dell’indagine – sono state le parole dell’avvocato Antonino Campisi – ci sembrano eccessive per quanto riguarda l’associazione a delinquere e i legami con il clan. Spiace anche la condizione in cui si trovano le due donne che devono lasciare i loro bimbi di 3 anni ciascuno perché trasferite a Messina a causa della care za di posti a Catania».
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