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Home › Editoriale › Siracusa. Coronavirus, la sanità siracusana e l’inefficienza politica

Siracusa. Coronavirus, la sanità siracusana e l’inefficienza politica

16 Marzo 2020
Caltanissetta. Coronavirus: morto paziente 58enne
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In questo momento storico mondiale di grande conflitto con il nemico invisibile, tutti quanti noi siamo chiamati ad un dovere sociale oltre che personale di salvaguardia della nostra e altrui salute contro il contagio del virus Covid-19. La coscienza, come tutti noi pensiamo di sapere, è una sorgente della conoscenza di sé, del tutto separata e indipendente dalla ragione.

Solitamente, mediante la ragione, noi osserviamo noi stessi, ma conosciamo noi stessi mediante la coscienza. Ma riteniamo che senza la coscienza di sé, nessuna osservazione e applicazione della ragione è concepibile. E’ chiaro, che a volte, in ognuno noi, la coscienza si prende gioco di noi, gioca a nascondino, facendoci commettere degli errori.

Come scrive nel romanzo «Guerra e pace» di Leone Tolstoi: «…nella nostra anima è posta quella luce di Dio che si chiama coscienza. Guarda con li occhi dell’anima il tuo essere interno e domanda a te stesso se sei contento di te. Che cosa hai raggiunto affidandoti alla sola intelligenza? Che cosa sei tu?».

La lotta contro il nemico invisibile e il nuovo ospedale che non c’è Chi ha la coscienza pulita oggi? E’ una bella domanda! Da dove iniziamo? Dall’invasione dei Barbari in ambito nazionale o dall’«eccidio di Siracusa» per mano degli Arabi?

Francamente siamo molto lontani, faremmo notte fonda a disquisire la coscienza-non coscienza di tanti secoli. Ma allora da dove iniziamo? Per farla breve… Un tempo, correva l’anno 2009, si discuteva del nuovo ospedale a Siracusa.

Qualcuno rimpiange quelle scelte scellerate nel tempo del ‘no’ alla Pizzarotti, senza le stupide beghe della politica nostrana, il nuovo ospedale farebbe bella mostra di sé, bell’è funzionante. L’impresa Pizzarotti di Parma, che stava costruendo l’autostrada Catania-Augusta, nel corso dei lavori conclusi nel dicembre del 2009, aveva infatti lanciato una proposta di project financing: «costruisco l’ospedale con mie risorse e in cambio l’Asp mi dà la proprietà degl’immobili degli attuali ospedali “Umberto I” e “Rizza” e dell’ex ospedale civile in Ortigia, a ridosso dell’Hotel Des Etrangers, nonché la gestione dei servizi parasanitari per vent’anni». L’offerta fu ritenuta sbilanciata in favore dell’impresa.

Per di più si alzarono le solite voci in difesa della sanità pubblica (che non funziona). Per inciso, oggi Siracusa avrebbe avuto una sanità pubblica coadiuvata dai privati, un ospedale di prim’ordine, funzionale, da fare impallidire la migliore sanità del Nord. Ritornando al dibattito di allora, furono agitati timori di un tentativo di mettere le mani sulla sanità. Non se ne fece nulla. In effetti eccessiva la richiesta della Pizzarotti lo era. Ma che si fa in questi casi? Si apre una trattativa di project financing. Invece no. La politica siracusana, che non si può definire politica, ma cortile di piccole beghe di una città che è rimasta provinciale nonostante i suoi 120 mila abitanti, è la quarta città per grandezza in Sicilia, ma tant’è.

Il nuovo ospedale resta nei sogni dei siracusani del capoluogo e della provincia. E le strutture locali non sono altro ormai che un grosso pronto soccorso periferico intasato, degli ospedali di Catania che adesso ne ha ben 4 è tutti Dea di prim’ordine.

Ma i nostri presunti politici non hanno mai smesso di litigare sullo sviluppo del nostro territorio. Mai messi i paletti della coesione sulle infrastrutture di riferimento collettivo come l’ospedale. Infantilismo direte voi. Ma nostro avviso anche i bambini nel loro piccolo hanno buon senso e maturità, sarebbe un’offesa anche per i bambini. Giù le mani dai bambini.

E’ un fatto deprecabile la scelta dell’area si e no, senza coesione né responsabilità. Questa politica ha portato via alla deriva la dignità siracusana. Non avere coraggio delle proprie azioni se non quelle di litigare.

Fa capolino la coscienza che si fa una grassa risata: «Siamo uomini o caporali» richiamando il film interpretato da Totò e Paolo Stoppa in due rispettivi ruoli contrapposti. Altri tempi, altri uomini. Mah.

Politici di reiterata irragionevole edulcorazione del passato. Ed in questa macro-parentesi, rientrano anche le compiante figure di uomini d’altri tempi. C’è una cosa che tutti trascurano quando sognano di vivere nel Vicenda Pizzarotti: era il 2009, oggi Siracusa avrebbe avuto una sanità pubblica coadiuvata dai privati, un ospedale di prim’ordine, funzionale da fare impallidire la migliore sanità del Nord passato e di partecipare alla società civile di epoche trascorse: quella che sarebbe stata la loro condizione sociale ed economica allora.

Embè?… E’ Allora?

Allora? Oggi viviamo nell’era della società liquida. Il filo conduttore è da tutti conosciuto, una politica ‘liquida’ dove la buon’anima del sociologo e filosofo polacco, Zygmunt Bauman, che ha vissuto fino all’età di 92 anni, aveva elaborato il concetto di ‘modernità o società liquida’, forse nemmeno lui si aspettava che questa espressione potesse tramutarsi in società subdola dove a Siracusa tutto è il contrario e viceversa.

I siracusani non capiscono più nulla, non c’è un filo conduttore con chi ci amministra; una società che fa acqua da tutte le parti, politici che si riciclano e nessuno ricorda più il loro passato turbolento.

Come il nuovo ospedale che aspettiamo che esca da un libro di fiabe. Possiamo dire senza ombra di smentita del lavoro di grande strategia ed intelligenza del catanese Musumeci che grazie alla sua coscienza sarà in grado, superata l’impasse decimatoria del coronavirus, di portare avanti la realizzazione del nuovo ospedale di Siracusa con la dignità smarrita della classe politica siracusana.

Le battaglie sociali si vincono sempre attraverso i rapporti umani. I gradi e le stellette sono stati superati dalla nuova sociologia di intendere la vita è di sapersi correlare con il prossimo.

Superando il disgustoso modus operandi di alcuni presunti uomini di memoria troglodita, come il termine ‘coesione’ nel loro lessico personale, lo sconoscono.

Come tale, cari fratelli e sorelle, come dicono in chiesa, auguriamoci che tutto passi in fretta, altrimenti ci finirà accampanti in un attendamento in piazza Santa Lucia, alimentati con un tozzo di pane, come i lebbrosi di storia, in attesa del richiamo del divino padre. Un caro abbraccio a tutti e… attenti al nemico!

gb



16 Marzo 2020 | 11:44
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tags: a Messina e SiracusaCoronavirusOspedale Umberto Isiracusa
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