La riflessione giusta

Siracusa. Contro mafia e terrorismo, Impastato e Moro martiri della verità: la memoria è un atto politico

di Redazione

Due morti che raccontano, ciascuna a suo modo, la difficoltà e il prezzo della lotta per la verità, la giustizia e la democrazia. Vincenzo Campisi, responsabile Legalità del PD Siracusa: "L’impegno civile e politico è la strada maestra per sostenere chi non si arrende e continua a camminare"

L‘Italia ha vissuto negli anni ’70 un periodo tra i più bui e complessi della sua storia repubblicana, stretto tra il terrorismo e la violenza mafiosa.

Due figure emblematiche, diverse per storia e ruolo, ma accomunate da un destino tragico, emergono con forza simbolica: Peppino Impastato e Aldo Moro. Il primo, giovane militante siciliano, fu ucciso dalla mafia l’8 maggio 1978 per il suo coraggioso impegno contro Cosa Nostra; il secondo, statista democristiano e presidente del Consiglio, venne assassinato lo stesso giorno dalle Brigate Rosse, al culmine del sequestro che tenne l’Italia col fiato sospeso per 55 giorni.

Due morti che raccontano, ciascuna a suo modo, la difficoltà e il prezzo della lotta per la verità, la giustizia e la democrazia.

9 Maggio, Campisi (PD): “Il Coraggio della Verità, la Forza della Democrazia”

Nel giorno in cui l’Italia ricorda queste due figure, Vincenzo Campisi, responsabile Legalità della segreteria provinciale del Partito Democratico di Siracusa, ha rilasciato una dichiarazione che sottolinea l’importanza della memoria e dell’impegno quotidiano: “Il 9 maggio accomuna, tragicamente, la storia di due grandi uomini che hanno segnato (e continuano ancora oggi a segnare) la storia del nostro Paese: Peppino Impastato e Aldo Moro. Due storie che potremmo rappresentare con due numeri: 100 e 55. Due storie molto diverse tra loro, eppure accomunate dall’aver incarnato l’ideale dell’uomo che in nome della libertà e della democrazia, ha sacrificato la propria vita per il bene della collettività.

Peppino Impastato ci ha insegnato che non si può (e non si deve) tacere di fronte a quel cancro che impedisce alla nostra collettività di crescere, un male a fronte del quale si deve levare alta la voce libera di ogni cittadino, la mafia. Quei “cento passi” rappresentano idealmente il cammino che ogni uomo di buona volontà deve percorrere per affrancare sé e gli altri dalla tenaglia di una omertà che soffoca: ogni piccolo passo in avanti è un passo verso un futuro migliore.

Aldo Moro rappresenta la figura dell’uomo politico che immola la propria vita contro la violenza politica e la mancanza di dialogo e ci ricorda, in quei 55 giorni, che la politica, per quanto difficile e talora dolorosa, deve avere l’obiettivo del dialogo, della comprensione e della pace.

Due storie apparentemente distanti e, tuttavia, accomunate dall’aver saputo incarnare i valori costituzionali della partecipazione al progresso “materiale e spirituale della società”, dimostrandoci che l’impegno civile e politico è la strada maestra per sostenere chi non si arrende e continua a camminare, passo dopo passo, verso la verità e la giustizia.

Occorre, oggi più che mai, non abbassare lo sguardo e non girarsi dall’altra parte di fronte ad una criminalità, come di recente ci ha raccontato la Commissive antimafia, che si è fatta furba investendo i proventi del malaffare in attività apparentemente “sane” e che troppo spesso trova un ignavo consenso in una parte della società colpevolmente silenziosa”.

09 Maggio 2025 | 17:26
© RIPRODUZIONE RISERVATA