Siracusa. Basta! Piantatela con questo raptus! Sono efferati e volgari assassini!

di Raffaella Mauceri

Serve a chi fa le perizie giustificare

Ci risiamo: con la complicità della stampa, un altro assassino cerca di ripararsi sotto l’ombrello del raptus per giustificare un delitto eseguito, invece, con lucida premeditazione e curato nei dettagli. Lui, si chiama Massimo Sebastiani e la sua vittima, il suo agnello sacrificale è la povera Elisa Pomarelli trovata morta in un fossato. Ripeschiamo, dunque dal Corriere della Sera un’intervista che si adatta perfettamente all’ennesimo, vecchio, insopportabile copione del femminicidio. L’intervista al dott. Claudio Mencacci ex presidente della Società Italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano.

“Ancora una volta – dice Mencacci – spunta il “raptus”. Succede spesso. Troppo spesso. E non si considera mai che, guarda caso, quella violenza colpisce sempre le persone indifese e quindi le più esposte. Lei ha mai sentito dire di qualcuno colto da raptus che aggredisce un uomo grande e grosso? Noi, in psichiatria, tendiamo ad escludere l’esistenza del raptus”.

-Sta dicendo che è un termine senza alcun valore psichiatrico?

“Esattamente. Serve a chi fa le perizie per giustificare azioni di grande violenza e attenuare la gravità del fatto e la colpa di chi le commette. Occorre invece un impegno culturale e civile perché questo non succeda più. Per non giustificare mai la prevaricazione, la prepotenza, la violenza esplosiva e cruenta. Perché è come avallare l’idea che sui più deboli si possa infierire impunemente. Bisognerebbe imparare a capire che ci sono individui che covano malvagità, crudeltà, cattiveria. Che quando accade un fatto di violenza apparentemente improvvisa, in realtà non è mai un fulmine a ciel sereno e tendere a giustificarla non aiuta certo a cogliere i segnali del pericolo”.

-Pensa ad un caso in particolare?

“Penso alle donne che muoiono uccise dai partner perché scambiano per amore quello che amore non è. Oppure ad un padre che stermina la famiglia: tutti a dire che era la persona migliore del mondo ma la famiglia per lui era diventata un peso insopportabile e perciò l’ha eliminata. È la banalità del male”.

-Quali sono le condizioni che possono aumentare il rischio?

“L’alcol e la droga possono di sicuro aumentare l’impulsività, ma soprattutto c’è l’odio che si accumula e cresce nell’individuo in modo latente per poi esplodere”.

-Purtroppo nessuno pensa mai che un femminicidio possa capitare nella propria famiglia…

“Già. Spesso pensiamo che il seme del male cresca a casa degli altri perché cerchiamo di espellerlo dai luoghi e dalle persone più care. E invece il male può essere ovunque, la cattiveria alberga anche a un passo da noi. Riconoscerla mentre cresce può voler dire salvarsi”.

E così il triste fenomeno non accenna smettere. Anche nel 2019, infatti, le donne assassinate sono parecchie decine, al contrario, se nel tempo gli omicidi generici sono diminuiti, i femminicidi, invece, sono aumentati. Perché anche quest’anno nessun passo avanti è stato fatto per impedire che una donna venisse ammazzata.

Perciò non ci stancheremo mai di lanciare un SOS a chi fa informazione, a chi indaga e a chi giudica:  Per cambiare i comportamenti bisogna innanzi tutto cambiare il linguaggio! Cancelliamo una volta per tutte tre stupidi alibi: ignoranza, raptus e follia! E ripetiamo fino allo sfinimento che non si uccide per amore!

di Raffaella Mauceri 11 Settembre 2019 | 09:52
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