Dopo l’amara sconfitta di Augusta di sabato scorso si riparte da Leonforte. Sembra ormai passato un secolo da quella vittoria portata a casa con sofferenza, dopo il gol di Baiocco che rafforzò la corsa verso la promozione in Lega Pro di un Siracusa che, all’epoca, vinceva dando spettacolo e invece sono passati solo quattro anni.
Nel frattempo c’è stato un ennesimo fallimento da ingoiare, gli azzurri oggi non lottano più per tornare tra i professionisti, ma si arrabattano tristemente tra le posizioni di rincalzo di una classifica che li vede già, quando ancora mancano due giornate al termine del girone d’andata, lontani otto punti da una vetta che, almeno in questo momento, appare ormai come irraggiungibile.
E’ chiaro che pretendere di vincere il campionato con una formazione messa in piedi tra agosto e settembre in fretta e furia sarebbe stato eccessivo, ma crediamo altresì che nessuno, neanche il tifoso più pessimista, alla vigilia del campionato, avrebbe potuto disegnare uno scenario così deprimente soltanto alla tredicesima giornata, con un Siracusa ormai quasi tagliato fuori dai giochi di promozione diretta.
Se poi si pensa che, per tradizione, il rapporto tra la squadra aretusea ed i play off non è mai stato troppo idilliaco, il senso di sconforto monta ancor più forte.
A rincuorare gli animi dei tifosi azzurri non aiutano di certo certe dichiarazioni post partita che sembrano rilasciate col copia-incolla, prive di qualunque senso di autocritica e di voglia concreta di riscatto.
Purtroppo questo cul de sac, in cui sembra essersi cacciata la squadra nelle ultime partite, ricorda molto la teoria del piano inclinato, tanto cara ad Aldo nel film “Chiedimi se sono felice” : “se mettete una pallina su un piano inclinato, la pallina comincia a scendere, e per quanto impercettibile sia l’inclinazione, inizia a correre e correre sempre più veloce. Fermarla, è impossibile”
Ecco i tifosi siracusani sembrano in perenne attesa che prima o poi quella corsa che appare scientificamente irreversibile verso il profondo più profondo degli abissi si possa arrestare, ma perché ciò accada serve in maniera non più procrastinabile un gesto, un’azione che possano fermare questa deriva verso il basso e dare una nuova scossa a tutto l’ambiente.
Domenico Galea
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