Un bypass ‘coronarico’ per aumentare una maggior frequenza cardiaca, foriero di rivoluzione che permetta al sangue di superare un condotto vascolare ostruito dall’apatia e/o clientelismo… ma sì… che scherziamo…
No, no, che non scherziamo… affatto.
Per fare una Rivoluzione culturale occorre avere una maggiore frequenza cardiaca, una tale determinazione da far suonare in testa tutti i campanelli della riscossa.
Dopo il ‘bypass rivoluzionario’, occorre fare il primo passo concreto verso il cambiamento che si realizza nel momento in cui si capisce che un cambiamento è necessario, una vera Rivoluzione culturale. Solo da questa voglia di convinzione potrà, poi, avviarsi il processo di innovazione, miglioramento e sviluppo volto a superare gli errori del passato e ad instaurare nuove pratiche e abitudini e a ridurre quelle tendenze cognitive che, tanto spesso, sviano i nostri giudizi e influenzano negativamente le nostre decisioni. E questo vale sia a livello personale che familiare, sia sul piano individuale che su quello collettivo.
Questo è il primo step aver compreso la necessità dell’azione, il cammino verso l’effettivo cambiamento sarà solo all’inizio. Il successivo step, necessario e complicato quanto il primo, riguarda la disponibilità concreta a cambiare. Non basta, infatti, sapere che c’è qualcosa che non va nei nostri modi di fare e di valutare o nei processi decisionali all’interno delle nostre famiglie; ciò è necessario ma non sufficiente; occorre, infatti, anche predisporsi fattivamente a cambiare le cose.
«Amaru Unnimaffissu» prendiamo in prestito il nome di una bevanda, per una riflessione riferita al primo cittadino di Siracusa che delle piste ciclabili ne ha fatto un proprio cavallo di battaglia politico. Ma senza tenere conto di tanti fattori urbanistici di cui la città è afflitta, quali: mancanza di nuove strade, percorsi esclusivi ciclopedonabili, mancanza di parcheggi, aree pedonali, aree a verde, parchi etc.
Invece il nostro sindaco «Amaru Unnimaffissu» ha lacerato tutte strade principali delle città, non risparmiando nemmeno quella di corso Gelone, la corsia prospiciente l’ospedale a scendere verso l’Inps e ancora giù… verso il mare per fare una pista ciclabile sostenuta da salvagente cinesi, per raggiungere la Pillirina per fare binomio con gli ambientalisti forever, mentre la città irriconoscibile sprofonda nel dramma dell’indifferenza dei partiti politici resosi latitanti e dell’azione dei cittadini rassegnati dall’incapacità di un singolo soggetto.
Ma ritornando al cambiamento, mettersi in gioco a volte non è semplice, perché, innanzitutto, significa ammettere di aver sbagliato nel passato. E ammettere i nostri errori a noi stessi e agli altri – lo sappiamo bene – non è mai semplice. Per favorire questo passaggio gli specialisti di scienze comportamentali ritengono necessario procedere con un vero e proprio “scongelamento” (unfreezing) delle vecchie abitudini e delle vecchie pratiche. Solo dopo aver reso consapevole e, in qualche modo malleabile, la persona o l’organizzazione, infatti, si può procedere con l’apprendimento e l’instaurazione di procedure e modalità nuove.
L’ostacolo principale, in questa fase, deriva da un misto di avversione al rischio-coraggio-amore per lo status quo e una netta preferenza per ciò che produce risultati certi rispetto a ciò che ci pone di fronte all’incerto.
In una Siracusa la cui modernizzazione infrastrutturale è inesistente, si è trovata esposta, senza protezioni, ai processi competitivi e alle sfide impietose dello sviluppo economico e dei processi della globalizzazione. Sono rapidamente venuti meno i fattori chiave della crescita, della formazione dei nostri giovani come l’università e altro…, disponibilità e capacità di lavoro, salari contenuti, industrializzazione frenata nel siracusano dal 2000 in poi, innovazione di prodotto e specializzazione tecnica… Il disagio sociale che si è manifestato nelle tre grandi città isolane, ha avuto un impatto prolungato e profondo, per fragilità di sistema, ma anche fattori culturali peculiari.
Nel periodo, a Siracusa la politica si è dimostrata largamente incapace di esercitare un ruolo-guida (invece di inseguire o assecondare gli umori popolari) e quindi di rendere produttive le sue funzioni di rappresentanza, garantire la governabilità, assumere la responsabilità di decisioni difficili, costruendo il consenso necessario anche in condizioni di contesto poco favorevoli. Nello stesso tempo, la società siracusana ha confermato i suoi limiti di coesione, autonomia e responsabilità.
In ogni caso, la realtà attuale non nasconde l’evidenza: una città incapace di fare sistema; cronicamente debole per deficit di infrastrutture e di governance; con un sistema amministrativo «barocco e post-moderno al tempo stesso» (obsoleto, farraginoso, facilmente sottomesso agli interessi più forti); un sistema produttivo duale, in larga parte poco propenso al rischio e all’innovazione, e quindi alla ricerca di protezione pubblica, ma destinato a un ruolo meramente interstiziale sulla scena regionale; una società civile ancora largamente influenzata da tradizioni ormai inattuali, che fatica a reggere i processi inesorabili di «individualizzazione» che investono le società contemporanee (le reazioni non sono solo difensive, ma spesso anti-storiche e perciò senza futuro).
Se questo è il quadro (se pur a grandi tratti) come cercare una visione condivisa del futuro possibile? Una situazione non solo difficile, ma all’apparenza senza prospettive, ecco perché invitiamo al pensiero di una Rivoluzione culturale, oppure Siracusa non avrà più futuro. Sarebbe da sconfitti dare il consenso elettorale a personaggi superati dal tempo, dalle nuove logiche di sviluppo, dal modo nuovo di pensare. Occorre superare gli interessi delle lobby che inseriscono all’apparenza come candidati nomi facili ed inutili.
Questa riflessione critica non elude i problemi della società civile siracusana; anzi non teme di assumere forme sferzanti, che possono sembrare politicamente non corrette anche a coloro che non aderiscono alle derive populiste ora dilaganti.
La collettività siracusana è «gracile, frammentata, come diceva qualcuno, largamente incolta», che «si è persa in un mondo più complesso e rischioso».
Il rischio concreto che si corre nelle prossime elezioni per eleggere il nuovo sindaco è che i Siracusani per superare le loro difficoltà, si affiderebbero ancora ampiamente a meccanismi tradizionali di regolazione: «familismo, clientelismo, corporativismo, individualismo possessivo, appropriazione privata di beni collettivi», che producono effetti perversi; in una spirale catastrofica per Siracusa senza nessuna via d’uscita.
Ecco perché occorre svegliarsi e ricorrere al metodo dell’elettroshock: una Rivoluzione culturale che non la può fare nessuno dei presunti candidati (che saranno almeno una decina) se non una persona speciale ed eccezionalmente talentuosa che occorre individuare nella società civile.
Occorre portare avanti un radicale ricambio della classe dirigente: un vento nuovo soffia già nella nostra Siracusa, portando aria di libertà, competenza e merito.
«Verso le amministrative 2023». Inizio editoriali: Rivoluzione culturale nr.13 (avvio pubblicazione il 12 giugno). A tal proposito vi invitiamo a consultare e seguire attivamente la pagina facebook https://www.facebook.com/joebiancasr.
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