Recitazione — Termine bivalente, indicante da una parte ciò che è specificatamente ed indissolubilmente legato al personaggio e alle regole della rappresentazione, e dall’altra contemplante il “dire” el’”atteggiarsi” dell’attore che usa voce e corpo per esprimere sentimenti ed idee che possono essere anche avulse da un’incarnazione poetica o drammatica.
Su tale bivalenza, naturalmente è possibile — ed è ciò che più volte è stato fatto — dar vita ad un’ampia teoretica che, dal testo al pubblico, dal teatro di prosa a quello in musica, dal cinema alla televisione, implica tutta l’arte dello spettacolo. Riducendo allora il campo della ricerca alla seconda parte dell’alternativa — prendere in considerazione la prima, vorrebbe dire fare la storia del personaggio, inteso come realtà autonoma, psicologica, sociale, poetica e quindi fondare una teoria completa della rappresentatività includendo le definizioni più importanti su ciò che veramente caratterizza un personaggio (parola, azione, ritmo), il che ci porterebbe troppo lontano — possiamo dire che la recitazione è sempre legata ad una cultura e ad un costume.
Stabilire la differenza fra attori nuovi e vecchi, tra stili diversi, tra reazione del pubblico e atteggiamenti creativi dell›interprete, tra personaggio e Maschera, tra simbolismo cristallizzato e natura, vuoi dire in realtà indagare sui rapporti che intercorrono tra l›inventività dei vari attori e il tessuto connettivo della società sul quale quelle invenzioni si elevano (Diderot nel «Paradosso sulla Commedia», Stanislavskij col suo «sistema», Mejerchol›d con il «convenzionalismo» prima e la «biomeccanica» poi, Brecht con la sua «Verfrendung», in diretta derivazione dalle opinioni di Sklovskij o dalla «verità immediata” di Pudovkin e di Visconti), in definitiva non propongono che l›eterna dialettica tra il pubblico e chi ne interpreta il costume; fondano, in altre parole, una cultura cui l›attore corrisponde sotto la spinta del proprio genio, o di quello del regista.
Regìa [règie, dal verbo francese régir: “reggere”] — Lasciando da parte (perché ci condurrebbe in piste molto lunghe) la storia della regia attraverso le varie scuole di pensiero, ci atteniamo a ciò che è il compito del regista.
Egli è un mediatore tra l’autore, gli attori e il pubblicò, e non rinuncia ad alcuno dei mezzi di cui dispone: dizione, mimica, gesto, luci, truccature e maschere nonché al contributo che le altre arti sono pronte a fornirgli (poesia, letteratura, scultura, musica, architettura). Vediamo schematicamente le usuali fasi dell’attività di un regista teatrale: studio del testo (lettura approfondita, eventuali tagli e adattamenti, ricerche storiche ed ambientali), elaborazione di un piano di regia (intonazioni, pause, effetti, interventi musicali, ecc.), piano delle apparature sceniche (scelta dello scenografo ed accordi circa le attrezzature e gli arredi scenici, scelta del costumista ed accordi sulle truccature e sulle parrucche, note di trovarobato col direttore di scena), eventuali accordi col compositore delle musiche di scena (si stende anche il piano della colonna sonora di effetti e rumori), scelta degli attori, svolgimento delle prove (lettura a tavolino, educazione dell’attore e preparazione all’interpretazione del personaggio, prove in palcoscenico), accordi per gli effetti di illuminazione con la previsione del puntamento degli apparecchi, la predisposizione di piazzati e la determinazione degli effetti.
Rentrée — Termine francese entrato anche nel gergo teatrale italiano, col quale si definisce il ritorno di un attore o di un›attrice dopo un›assenza più o meno lunga dal palcoscenico. Inoltre dicesi rentrée il ritorno di una compagnia su una piazza teatrale nel corso della stessa stagione.
Repertorio — II termine indica l’insieme dei lavori messi in scena o programmati da un teatro o da una compagnia nonché le interpretazioni di un attore nel corso della sua carriera artistica. Il termine è sorto sul finire del 1600, con la nascita del teatro professionale e la conseguente necessità di avere un insieme di testi da replicare più volte. Formano normalmente il repertorio delle compagnie autori come Shakespeare, Goldoni, Molière, ecc. fino a Shaw, Ibsen, Pirandello, ecc.
Replica — È la ripetizione di uno spettacolo dopo la “prima”. Nei teatri delle grandi città, le repliche si succedono, solitamente, l’una all’altra senza soluzione di continuità; in taluni teatri è adottato il sistema dell’alternanza, e comunque il numero delle repliche è, in genere, proporzionale al successo che lo spettacolo ha ottenuto.
Reticenza — Dal latino reticentia, detta anche, con parola greca, aposiopesis, consiste nell’interrompere bruscamente una frase la quale resta così incompiuta; tuttavia il pensiero deve essere già chiaro a chi ascolta, sì che questi possa supplire a ciò che manca ed apprezzare l’allusione.
La reticenza, figura frequente anche dello stile oratorio, è importante per gli effetti drammatici e fa parte del bagaglio dell’attore.
Ribalta — Complesso degli apparecchi di illuminazione disposti lungo il margine esterno del palcoscenico. Si tratta di lampade collocate in appositi alloggiamenti di metallo sistemati di fianco all’altro, e protette da vetri o “gelatine” bianchi o colorati. Prima dell’invenzione della luce elettrica, si usavano candele (o lumini) sottratte alla vista del pubblico per mezzo di paralumi. Nella moderna illuminotecnica la ribalta va scomparendo, sostituita da più efficaci impianti di riflettori; il termine, tuttavia, rimane ad indicare la parte più avanzata del palcoscenico (venire alla ribalta, presentarsi alla ribalta, etc.).
Ribaltone — Specie nei lavori teatrali leggeri, l’improvviso capovolgimento di una situazione.
Aldo Motta
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