Non c’è stato verso.
Ci ho trovato, in ripetuti tentativi, con Pippo Pattavina quando gli ho conferito il “Premio Internazionale Sicilia-Il Paladino” a Siracusa per il teatro di prosa.
Ma non c’è stato verso. La risposta è stata “no”.
Pippo Pattavina, affettuosamente, il rifiuto l’ha anche motivato. “Motu proprio”, si capisce.
Gli ho chiesto di far parte di un mio progetto teatrale al Vasques per riportare in scena “U purtau ‘u pani ‘u papà?”. Mi ha risposto, affettuosamente, “no”.
Un atto unico immortale, nato per spontanea germinazione dalla irresistibile creatività umoristica di Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina (in rigoroso ordine alfabetico). A quel punto diventava pleonastico fare la stessa richiesta all’altra parte della coppia.
Mancato un elemento, viene ad essere inutilizzabile l’altro. Dunque “U purtau ‘u pani ‘u papà?» rimane un evergreen nella storia del Teatro italiano, inventato e portato al successo da due attori alle prime armi nel mitico (di allora) Teatro Stabile di Catania.
Un atto unico nato quasi per caso, dalle scintille umorali di Pattavina e Musumeci, due acrobati della dissacrazione, produttori a getto continuo di una ironia ai limiti del mordace, padroni costituzionali di magistrali “tempi” teatrali, nati per il Teatro come si nasce Archimede e Leonardo, inesausti inventori di scoppiettanti trovate da scompisciarsi, apparentemente innocui dispensatori di trascinanti ed esplosive ilarità.
E, peraltro, attori per tutte le stagioni nelle commedie d’autore, nei film, nella televisione. Perché la loro istintività, educata strada facendo nella professione, li fa sempre originali e inconfondibili, ognuno per il proprio verso.
Dunque una coppia che, se capita l’occasione, recita nello stesso cast ma non come coppia. Ora sono affiancati, per esempio, al teatro Brancati di Catania in una commedia alla quale hanno messo mano nientemeno che Camilleri e Dipasquale.
Ma tornare in scena insieme da soli e protagonisti assoluti magari per un revival di “U purtau ‘u pani ‘u papà?”, nisba.
D’altronde, dopo di loro sono arrivati Teo Teocoli e Boldi, Ficarra e Picone, Toti e Totino, tanto per non fare nomi. Fatte, col dovuto rispetto, le debite proporzioni.
E allora, ma non per questo, la coppia Musumeci-Pattavina ha già dato, a dismisura. Tanto che è perfino celebrata su Internet.
Che dire? È tanto il rammarico, ma nella vita capita che si arrivi ad un momento in cui si dice «basta». Nel rispetto delle volontà, non rimane che prenderne atto.
E cosi questa irripetibile “coppia” che negli anni è stata impossibilmente imitata e che ha insegnato agli altri, rimane nel nostro affettuoso ricordo.
E dire che sembra ieri quando due giovanottelli di belle speranze vennero a trovarmi a Siracusa chiedendomi di ospitare sul palcoscenico del mio «Teatro di Sicilia», in via Gargallo 61, un «atto unico» creato da loro e che per la primissima volta volevano sottoporre al giudizio del pubblico che ogni sera si assiepava alla «Nottola».
Li ospitai, conoscendo già a scatola chiusa le loro capacità teatrali per le mie frequenti presenze al Teatro Stabile di Catania come spettatore. E fu un successo clamoroso.
Nacque così sul mio palcoscenico «U purtau ‹u pani ‹u papa?», che in seguito portai in giro in alcuni club cittadini e altrove, sempre con enorme successo.
E fu la consacrazione in un giro anche internazionale. Ma tutto partì da Siracusa.
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