Il tappezziere lentinese Massimo Cannone di 45 anni, reo confesso dell’omicidio della moglie, Naima Zahir, uccisa con una coltellata, è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Siracusa. L’omicidio avvenne nella loro abitazione di Lentini il 12 marzo dello scorso anno.
Cannone è stato condannato a pagare una provvisionale di 160 mila euro per le parti civili: madre, tre fratelli e una zia della vittima, che si sono costituite con l’avvocato Giuseppe Cristiano. Secondo quanto ricostruito dagli agenti della squadra mobile, guidati dal dirigente Gabriele Presti, Cannone si sentiva oppresso dalla moglie. E così, al culmine della sua rabbia, avrebbe approfittato della distrazione della donna che era sul letto e aveva gli auricolari, per infliggerle una coltellata mortale.
Al processo si sono costituiti parte civile la madre, due sorelle e il fratello di Naima con il patrocinio degli avvocati Giuseppe Cristiano e Letizia Grasso. I familiari della vittima sostengono che Cannone abbia agito con premeditazione e odio per quell’insano gesto con cui ha colpito a morte la moglie, stesa inerme sul letto ad ascoltare musica.
I fatti traggono origine dalla segnalazione pervenuta presso la S.O. del Comm.to di P.S. di Lentini. A dare l’allarme sarebbe stato il cognato che ha raccontato agli operatori del 112 N.U.E che a casa del fratello vi era il corpo della donna ormai esanime. Purtroppo, nonostante il tempestivo intervento del personale sanitario del 118, nulla c’è stato da fare per la vittima.
La brutalità e l’efferatezza dell’episodio delittuoso sono stati poi rivelati anche grazie alle attività investigative di carattere tecnico esperite dalla Squadra sopralluoghi del Gabinetto Regionale di polizia Scientifica che ha operato in sinergia con il personale della Questura di Siracusa. Infatti, le immediate attività investigative hanno permesso di evidenziare fin da subito che la scena del crimine era stata inquinata proprio ad opera di colui che, due giorni dopo, sarebbe stato fermato poiché ritenuto responsabile del brutale omicidio. Dalla primissima ricostruzione dei fatti, sia per le modalità dell’azione, che per le evidenze assunte, è emerso trattarsi, necessariamente, di un fatto intra-familiare. Tra i primissimi sospettati, infatti, c’era proprio lui, il marito della vittima.
L’esame autoptico, eseguito durante la convalida di fermo a carico di Cannone, gli accertamenti scientifici di laboratorio e la dinamica dell’uccisione scaturita dall’analisi della posizione del corpo della vittima hanno confermato l’ipotesi di omicidio, escludendo in tal modo eventuali eventi autolesionistici, incluso il suicidio.
Il singolare racconto dell’uomo è stato chiaramente confutato dalle risultanze probatorie emerse a seguito di serratissime indagini coordinate dalla Procura della Repubblica che hanno permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dell’uomo che stava, tra l’altro, progettando di darsi alla fuga.
Il tappezziere Massimo Cannone avrebbe ucciso la donna con un coltello da cucina con una lama lunga circa 20 centimetri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA