In foto: l’indagato Totò Cuffaro, ex governatore della Sicilia, e leader della Democrazia CristianaSpunta anche il Ponte sullo Stretto nell’inchiesta sull’ex presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro. Si tratta di un capitolo degli accertamenti pieno di omissis dedicato agli interessi suscitati dall’opera.
Ma al centro dell’indagine c’è la sanità. I vertici delle aziende sanitarie oggetto di spartizione meticolosa. “Noi abbiamo Enna, Palermo e Siracusa”: diceva Cuffaro, non sapendo di essere intercettato dalla Procura di Palermo. Parole che, secondo i pm che hanno chiesto l’arresto dell’ex governatore e di altre 17 persone, dimostrano “l’influenza e l’ingerenza nella gestione strategica dei posti di maggiore responsabilità nel mondo della sanità regionale”. I magistrati, nella richiesta di misura cautelare sottolineano che le ragioni di tanto interesse “sono di immediata intuizione e vanno ravvisate nell’enorme quantità di risorse economiche, e non solo, che circolano in questo settore, sulla cui regolamentazione, gestione e normazione, peraltro, la competenza è regionale”.
Un’altra talpa, Cuffaro: “È molto in alto buttato nei servizi segreti”
C’è un’altra talpa, oltre al colonnello dei carabinieri Stefano Palminteri, nell’inchiesta per corruzione, associazione a delinquere e turbata libertà degli incanti che coinvolge l’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro e altre 17 persone tra cui l’ex ministro Saverio Romano.
Nella richiesta di arresto di Cuffaro spunta il nome dell’ex poliziotto Filippo Paradiso. «È molto in alto buttato nei servizi segreti, è quello che ci sta facendo entrare nel…», diceva l’ex presidente non sapendo di essere intercettato. Poi parlando col capogruppo all’Ars della Dc Carmelo Pace, Cuffaro sostiene che Paradiso gli aveva consigliato di non parlare al telefono. «Dice “ma tu parli assai al telefono”, “come parlo assai al telefono? perché che ho fatto?”», afferma Cuffaro, riportando la conversazione con Paradiso.
Cuffaro: “Con noi c’è la moglie del giudice”
Tra le conversazioni intercettate dai carabinieri c’è anche quella in cui Totò Cuffaro rifletteva sul modo di cautelarsi in caso di eventuali nuove indagini. «Ma se no sai… io sai che faccio ora? Faccio presidente del partito la moglie di…», diceva, riferendosi – secondo quanto emerge dagli atti – a Laura Abbadessa, moglie del magistrato Massimo Russo, il cui nome risulta coperto da omissis nel documento della Procura.
L’ex presidente della Regione spiegava di avere deciso di affidarle la guida della Nuova Dc, il partito di cui è segretario. «Sto collocando in posti chiave della Nuova Dc persone al di sopra di ogni sospetto», annotano i magistrati nella richiesta di misura cautelare, «pur dubitando che ciò potesse metterlo al riparo dal rischio di indagini». E lui stesso, parlando con un interlocutore, si domandava: «Cioè io sto mettendo le cose che devo mettere… ma bastano?».
Appalti truccati, gli interessi nella Protezione Civile
Gli interessi di Totò Cuffaro e dei suoi non riguardavano solo la sanità ma anche il settore della Protezione civile. Lo ritengono i pm di Palermo. Gli inquirenti parlano di «opaco intreccio di interessi» tra Cuffaro e l’imprenditore edile Giuseppe Capizzi che avrebbe chiesto la sua intermediazione per “avvicinare” il capo della Protezione civile regionale Salvo Cocina e «verosimilmente – dicono i pm – versargli somme di denaro in vista delle lucrose gare pubbliche indette dall’ente pubblico da lui gestite».
L’8 gennaio del 2024 Cuffaro e Capizzi si trovano a casa dell’ex presidente e secondo l’accusa parlano di gare. L’imprenditore, dopo aver introdotto un argomento riguardante Cocina, domanda a Cuffaro come si dovesse comportare nei suoi confronti. «Ma ma noi altri… dobbiamo mettere sotto […] … di Cocina», dice Capizzi. «Ma… te l’ha fatta quella cosa o no?», chiede Cuffaro. «Ma quando mai! Totò!» spiega Capizzi. «Ma gli avete dato i soldi, picciotti!», sbotta Cuffaro.
Il ras della DC bramava la poltrona da governatore in Sicilia
In un’altra intercettazione, l’ex governatore siciliano indagato dalla Procura di Palermo che ne ha chiesto l’arresto per corruzione, associazione a delinquere e turbata libertà degli incanti, avrebbe confidato al suo fidato collaboratore Vito Raso (anche lui finito sotto inchiesta), di avere intenzione di ricandidarsi alla presidenza della Regione.
Emerge dagli atti dell’indagine che coinvolge altre 17 persone tra cui l’ex ministro Saverio Romano e tra i dirigenti di Noi moderati. Nel descrivere le precauzioni prese per “blindare” le sue comunicazioni i magistrati evidenziano che Cuffaro a volte usava l’utenza della moglie e quella di un altro collaboratore, Antonio Abbonato.
“Nell’adozione di tali accorgimenti, assurti a vero e proprio metodo, Abbonato e Raso – dicono i magistrati – hanno sempre assunto un comportamento proattivo finalizzato ad assicurare all’ex governatore della Regione Sicilia una sorta di schermo protettivo rispetto a possibili attività di intercettazione”.
La vicinanza di Raso all’ex governatore sarebbe ulteriormente provata dal fatto che questi “dimostrava di conoscere, quasi in via esclusiva, – secondo gli inquirenti – le vere intenzioni di Cuffaro, interessato a candidarsi entro tre anni alla carica di presidente della Regione Sicilia”.
Nel corso di una conversazione in auto intercettata Raso avrebbe rivelato a un amico che Cuffaro – si legge negli atti d’indagine – “aveva in progetto di candidarsi quale presidente della Regione, nonostante non lo avesse rivelato ad alcuno”.
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