Torna tristemente al centro dell’attenzione la Casa di Reclusione di Noto, teatro oggi dell’ennesimo episodio di violenza ai danni di un agente della Polizia Penitenziaria.
Intorno alle ore 12.40, un Assistente Capo Coordinatore dei Baschi Azzurri è stato aggredito da un detenuto, noto per il suo atteggiamento facinoroso e poco incline al rispetto delle regole. L’agente è stato trasportato d’urgenza in ospedale.
A denunciarlo è Calogero Navarra, segretario regionale per la Sicilia del SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), che non usa mezzi termini: “Il PRAP e il DAP continuano ad assegnare detenuti pericolosi a un istituto strutturalmente e numericamente impreparato. Il carcere di Noto non può sostenere una simile pressione, e la sicurezza del personale è ormai ai minimi termini”.
Secondo Navarra, la struttura ha perso nel 2025 ben 11 agenti per pensionamento o riforma, a fronte di sole 5 nuove assegnazioni. “Si rischia il collasso – afferma – si lavora con turni di 12 ore, piani accorpati, e situazioni che rasentano l’impossibile. Un agente dovrebbe essere in due sezioni contemporaneamente: è una follia”.
L’assurda dinamica dell’aggressione
L’episodio di oggi è emblematico di un sistema al collasso. In pieno orario di chiusura dell’istituto, il detenuto pretendeva di uscire dalla cella per asciugarsi i capelli nella barberia del piano. Al rifiuto dell’agente, la cella è stata comunque aperta per il ritiro della spazzatura. Il detenuto ha così approfittato dell’occasione per recarsi nella barberia, e poco dopo ha aggredito il poliziotto.
Navarra chiede ora che venga sospesa immediatamente la possibilità di usare il phon in orari non consentiti e di rivalutare le concessioni ricreative. “Lo Stato deve dare un segnale chiaro – incalza – questo lassismo sta minando l’ordine interno e mette in pericolo la vita degli agenti”.
Un carcere al limite della sostenibilità
Il segretario del SAPPE sottolinea che l’istituto, un tempo modello di efficienza, è oggi sovraffollato e impreparato a gestire detenuti ad alta pericolosità. “Occorre intervenire subito – aggiunge – il DAP invii almeno 15 unità a settembre per garantire la sicurezza e la legalità”.
A fare eco a Navarra è Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che riconosce una maggiore sensibilità da parte dell’attuale governo, ma chiede atti concreti. “Serve una riorganizzazione delle carceri in tre livelli di sicurezza – spiega – così da adeguare sia il personale sia le modalità di gestione. Non basta più l’improvvisazione”.
Capece propone inoltre di rafforzare il ruolo investigativo del Corpo, trasformando il Nucleo Investigativo Centrale (NIC) in un vero e proprio Servizio Centrale di polizia giudiziaria: “I successi contro la criminalità organizzata e il terrorismo dimostrano che la Polizia Penitenziaria può essere una risorsa fondamentale, ma ha bisogno di strumenti adeguati”.
L’appello finale: servono scelte politiche coraggiose
Il SAPPE ribadisce che la sicurezza e i diritti devono coesistere nel sistema penitenziario. “La pena deve avere una funzione rieducativa – conclude Capece – ma questo non può avvenire se chi lavora in carcere lo fa in condizioni di estremo pericolo e precarietà. Servono psicologi, educatori, medici, e ruoli tecnici dedicati: la Polizia Penitenziaria deve tornare a fare il suo lavoro, quello della sicurezza”.
Mentre l’agente ferito riceve le cure in ospedale, resta l’amarezza di un episodio che poteva – e doveva – essere evitato. E una domanda inquietante: quanto ancora potrà reggere un sistema che sembra ormai sull’orlo del collasso?
© RIPRODUZIONE RISERVATA

