Siracusa. Sconti e privilegi requiescat in pace: la Chiesa paghi quel che deve

di Raffaella Mauceri

Sconti e privilegi requiescat in pace: la Chiesa paghi quel che deve, e stavolta è proprio un deprofundis. “In un paese con un deficit alle stelle e che da mesi dibatte su come rilanciare l’economia è scandaloso non averci già pensato. Ma meglio tardi che mai”. Commenta così Roberto Grendene, segretario nazionale dell’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, l’iniziativa di 76 senatori del Movimento 5 Stelle che proprio in questi giorni hanno depositato un ddl volto a recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa dal 2006 al 2011 e far pagare l’Imu per gli immobili sfruttati commercialmente ma che eludono l’imposta. Ddl che i citati parlamentari sono pronti a tradurre in un emendamento alla legge di bilancio. E le preghiere stanno a zero.

“Sulla vicenda – spiega Grendene – si è espressa persino la Corte di giustizia europea che nel novembre dello scorso anno ha stabilito che l’Italia ha l’obbligo di recuperare le somme dovute. Ciononostante, l’allora ministro Tria ha fatto orecchio da mercante, costringendo la Commissione europea a un nuovo richiamo, a giugno. Ora finalmente qualcosa sembra muoversi. Peraltro l’iniziativa dei 5Stelle ha dalla sua la maggior parte dei cittadini italiani, considerato che secondo il sondaggio commissionato dall’Uaar alla Doxa all’inizio dell’anno, il 54% degli italiani è favorevole alla tassazione di tutti gli immobili ecclesiastici e un altro 30% a quella degli immobili per cui incassa profitti.

Per le casse del nostro paese sarebbe una bella boccata d’ossigeno. Speriamo sia la volta buona”.

Dal canto suo, intanto, il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, intervistato a “Un giorno da pecora”, la trasmissione radiofonica di Rai Radio 1, ha detto che al posto del crocifisso nelle scuole sarebbe meglio appendere alla parete una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione. Un bel cambio di passo se pensiamo ai rosari cui ci stava abituando l’ex vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, rendendoci ridicoli davanti a tutta l’Europa. Resta da sperare che alle parole seguano i fatti.

“Quella per una scuola pubblica senza simboli religiosi – continua Grendene – è una campagna che la nostra associazione porta avanti da decenni, nella convinzione che la presenza del crocifisso costituisca uno sfacciato e inammissibile privilegio per la religione cattolica rispetto a tutti gli altri culti (e in Italia ce ne sono tanti) e soprattutto che le pareti delle aule scolastiche debbano essere interamente dedicate solo ed esclusivamente all’istruzione e all’apprendimento, senza condizionamenti su temi di altra natura. Le dichiarazioni del ministro Fioravanti sono peraltro totalmente in linea con le risultanze di un confronto che abbiamo aperto sui nostri social giusto un anno fa, quando abbiamo chiesto quali immagini, frasi e simboli si vorrebbero vedere esposti al posto del crocifisso sulle pareti delle aule scolastiche: a vincere era stata proprio la Costituzione e in particolare l’articolo 34 della nostra carta fondamentale, quello dove si dice che “La scuola è aperta a tutti”.

Non per caso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, cui si era rivolta l’Uaar, si era espressa con una sentenza storica contro la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche. E il crocifisso è sparito dalla gran parte dei paesi dell’UE. Alcuni esempi di stati liberi da qualsiasi simbolo religioso:

In Francia l’articolo 28 della legge 9 dicembre 1905 vieta espressamente l’esposizione di simboli o emblemi religiosi su monumenti o in spazi pubblici, a eccezione dei luoghi di culto, dei campi di sepoltura, dei musei e delle mostre. A un secolo di distanza il parlamento francese, ribadendo la laicità dello stato, ha approvato a larghissima maggioranza la legge n. 228 del 15 marzo 2004, comunemente chiamata “legge anti-velo”, il cui art. n. 1 estende il divieto proibendo, nelle scuole primarie e secondarie, di indossare simboli o indumenti che ostentano l’appartenenza religiosa.

In Romania, il crocifisso nelle aule non è più esposto, a seguito della Decisione 323/2006 del Consiglio Nazionale per la Lotta alla Discriminazione che ha stabilito che il Ministero dell’Educazione deve “rispettare il carattere secolare dello stato e l’autonomia della religione”, e che “I simboli religiosi devono essere mostrati solo durante le ore di religione o in aree dedicate esclusivamente all’educazione religiosa”. Il caso nasceva dal ricorso di Emil Moise, maestro e genitore della contea di Buzău, che contestava come l’esposizione pubblica di icone ortodosse costituisse una rottura della separazione tra Stato e Chiesa in Romania, e come ciò costituisse altresì una discriminazione contro atei, agnostici e non religiosi.

Nelle scuole pubbliche di Stato degli stati Uniti d’America non esiste il crocifisso nelle aule. Ci sono invece la bandiera americana e il testo dell’inno nazionale.

Dovunque l’Uaar sostiene che dal punto di vista religioso i luoghi pubblici debbano essere NEUTRI. “Siamo contenti di sapere – ha concluso il segretario nazionale Grendene – che il ministro la pensa come noi. E, visto che nessuna legge impone l’esposizione di simboli religiosi, per mettere fine alla diatriba, basterebbe semplicemente un bel decreto ministeriale sugli arredi scolastici che vada in questo senso”. Come dire: Suvvia, diamo una penna a Fioravanti ed è fatta!

di Raffaella Mauceri 08 Novembre 2019 | 11:35
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