C’è un tempo per tutto: anche per nascere, per vivere e per morire. Legge universale alla quale non sfuggono le società di calcio nei casi in cui non tengono in alcun conto la passata esperienza che a lume di buonsenso dovrebbe servire a qualcosa.
Ce lo ricorda un caso, in tutto e per tutto analogo a quello che il Siracusa sta vivendo in questi giorni, resi cupi dai cattivi pensieri che li popolano per via di preoccupanti similitudini che accostano questa estate ad analogo periodo del campionato 2011/2012. Allora conclusosi con la promozione in B “scippata” dai sei punti di penalizzazione e graziosamente consegnata allo Spezia, oggi con la salvezza alla penultima giornata e i play-off “scippati” per un paio di punti, a causa di una penalizzazione di sei lunghezze, poi ridotte a cinque, accumulate sempre per difetto di risorse economiche che hanno impedito il rispetto dei termini di versamento. Il che significa che l’amara esperienza di allora non è servita a niente.
Con l’unica differenza che Luigi Salvoldi, con la squadra nei primi posti, non se la sentì di mettere sul mercato a gennaio i quattro giocatori più richiesti che gli avrebbero consentito di iscrivere la squadra e coprire il costo della fidejussione, un atto di amore che gli costò l’emarginazione e la solitudine che già erano comunque nell’aria.
Ad Alì che avrebbe potuto disfarsi dei “gioielli” del Troina e accantonare il ricavato per coprire le spese di iscrizione e fidejussione, è stato riservato, almeno sulla carta, un trattamento migliore, se al primo allarme, lanciato purtroppo con un certo ritardo, si è registrata la pur tardiva risposta da parte di alcuni privati e istituzioni.
Non possedendo nè la sfera di cristallo nè la bacchetta magica, non ci è dato sapere come finirà. E sperando che vada bene e che il Siracusa riesca ad iscriversi al prossimo campionato, sentiamo di far nostro il consiglio di tener d’occhio ai fini della sopravvivenza e in materia di bilancio non soltanto quello consolidato ma anche quello di previsione.
Tenendo conto che non sempre gli appelli in extremis bastano ad evitare il danno incalcolabile per la società e per la città della perdita di un titolo che non si trova dietro l’angolo.
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