Non prevedere che questo campionato di Promozione fosse livellato verso il basso, è forse l’unico errore in cui è incappato il Siracusa all’atto della formazione della squadra. Ricca com’è di liberi pensatori e di piedi vellutati, costretti ogni domenica ad affrontare chi la mette solo sul piano del vigore e della velocità, oggi per venirne a capo, la squadra dei Castillo, degli Alfieri e dei Llama ha solo una strada che è quella di adeguarsi alle risorse delle consorelle incontrate, che, fatta eccezione per l’Armerina, deboluccia di suo, l’ha costretta a fare i conti con San Paolo e Don Bosco, squadre di categoria, che riusciranno sicuramente a salvarsi se non ad impensierire chi è partito con più ambiziosi progetti. Un’altra via ci sarebbe per la verità e sarebbe quella del cuore gettato oltre l’ostacolo, come hanno fatto domenica pomeriggio i ragazzi di Arena per la gratitudine che sentono il bisogno di ricambiare, dando l’anima, anche per l’essere stati sottratti alla povertà del Gambia e del Senegal, da quell’associazione benefica dei salesiani che risponde al nome della Don Bosco 2000.
Episodi da “libro Cuore” che s’incontrano solo in un campionato di Promozione, in cui sarebbe bene di tanto in tanto scivolare per fare quel salutare bagno di umiltà utile a tutte le latitudini e tornare ad accostarsi al calcio ruspante di una volta. Scelte di vita, opinabili per quanto si voglia, ma che consentono di guardare oltre il recinto e apprezzare quanto è stato fatto nella posizione in cui si era venuto a trovare il Siracusa, che come città ha anche altri drammi anche se a volte sembra dimenticarsene. E’ anche vero però che a volte il calcio fa da traino per le altre attività e le rinascite che l’hanno caratterizzato sono coincise con i periodi di maggior splendore calcistico, ove per tornarci bisognerà da subito osservare una prima condizione che è quella di riuscire a mettere riparo al difettuccio che sta influezando questo inizio di campionato
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