Due fattori emergono con sempre maggiore insistenza. In prima istanza la paura del futuro. C’è ormai una inquietante convinzione tra i Siracusani che il domani non riserverà nulla di buono, anzi forse sarà peggiore di oggi. E tutto ciò genera un forte senso di frustrazione e di depressione pubblica che sta svuotando la nostra società della sua linfa vitale: i giovani; mentre la nostra società lentamente invecchia senza il cambio generazionale in quanto i nostri figli senza lavoro emigrano in altri lidi produttivi.
Le cause di tutto questo sono varie, in primo luogo, ma senza dubbio, un ruolo fondamentale l’ha svolto l’aggressione verso i valori del lavoro, della dignità della persona. Se è vero che la democrazia italiana è fondata sul lavoro, è parimenti evidente che lo svilimento del lavoro dalle nostre parti, come fonte di realizzazione della persona, oltre che di sostentamento personale, sta progressivamente esacerbando gli animi, distruggendo la solidarietà sociale, conducendo all’accettazione acritica della propria condizione sociale, spegnendo ogni aspirazione al miglioramento di se stessi.
Proprio la sfiducia verso il futuro, il crescente egoismo di ciascuno, uniti alla perdita del valore del tempo libero, alla crisi della rappresentanza politica stanno accentuando sempre più la dissoluzione dell’opinione pubblica, della partecipazione politica, della voglia di prendersi cura di quella cosa bellissima che è la cosa pubblica; ciò porta con sé l’inevitabile tendenza a privilegiare i propri interessi personali a scapito di quelli generali.
Molte nubi si addensano su questa amministrazione e sul sindaco Italia. Di fatti risulta il presunto politico più anziano (con i suoi oltre sette anni di vita a Palazzo Vermexio: Garozzo più i suoi due anni e mezzo) dopo Bufardeci con due mandati: le mani sulla gestione dei beni culturali a Siracusa, della «privatizzazione di fatto» del Teatro comunale, della Latomia dei Cappuccini, dell’Artemision e sullo scandalo del Castel Maniace riguardante il manufatto, presunto regolare, e l’intervento del Carabinieri e ispettori dell’assessorato regionale ai beni culturali prima e l’apertura dell’inchiesta della Procura poi, e di altri beni pubblici, ci ritocca affrontare nuovamente la “privatizzazione di fatto” degli Ipogei.
Diciamolo chiaramente Siracusa non offre più lavoro, non ci sono prospettive di progetti di medio e lungo termine, l’industria con i suoi oltre 7000 dipendenti e gli oltre 5000 dell’indotto, vive in una fase di stasi.
E’ un fatto: da anni ormai non investe più nessuno nella zona industriale. Perché «travaglioso» è ormai investire su questo territorio. Fateci caso: fin dalla vergognosa vicenda del rigassificatore, dove i siracusani non hanno saputo difendere la nuova economia. Oggi Siracusa sarebbe stata invidiata in tutto il Paese per il suo nuovo eldorado, la ricchezza. Finanziato con un miliardo assolutamente ed esclusivamente privato, il progetto è stato trascinato dalla Regione e, più in generale, dalla politica e «parapolitica», tra comitati e comitatini, per sette anni. Senza una risposta politica siracusana: né un sì né un no, solo poi a mendicare posti di lavoro. Finchè la società (Ionio gas, costituita da Erg e Shell al 50 per cento) ha abbandonato il progetto. Si è sciolta. Poteva essere una manna dal cielo con la trasformazione del Polo petrolifero a Polo energetico con un formidabile indotto lavorativo riguardante la catena del freddo, unico in Europa.
Poi Erg ha venduto la raffineria Isab e la centrale di cogenerazione elettrica Isab Energy alla russa Lukoil. E tutto è finito lì. Adesso Lukoil sta effettuando notevoli investimenti con oltre 160 milioni di euro, rimodernando tutto l’impianto occupando un indotto di oltre 4.000 persone fino a tutto dicembre. Ma dopo il nulla.
Qualche anno fa la Esso ha venduto la raffineria di Augusta all’algerina Sonatrach la quale ha dovuto a sua volta investire in ammodernamenti oltre 250 milioni di euro. Ma anche qui dopo il silenzio.
In pratica la zona industriale è «imbalsamata». Ora qui cresce soltanto la disoccupazione grazie ai comitatini e ai presunti ambientalisti dissacratori del territorio. Disoccupazione che ormai nella provincia ha superato quota 30 per cento in termini generali, addirittura il sessanta per l’occupazione giovanile.
Tra politica e «parapolitica», tra comitati, comitatini e ambientalisti dell’ultima ora improvvisati a fare sciacallaggio mediatico e in cerca di notorietà, qui da noi nessuno vuole più investire. Una piazza di «gente inutile» pronta a disseminare tempesta di odio portando all’obblio un territorio con i giovani che fuggono in cerca del loro futuro. Il presunto e illusivo turismo che produce in alta stagione (periodo rappresentazioni classiche ed estate) 2-3% del Pil in provincia, contro l’oltre 70% Pil dell’industria, il 20% dell’agricoltura; adesso con la pandemia il turismo si è azzerato provocando, nel piccolo, uno scoramento finanziario di notevoli dimensioni, il quale per riprendersi occorre dare uno scossone d’investimenti sul territorio.
Ma a lungo termine le conseguenze della pandemia rischiano di essere peggiori per i più giovani, specialmente per quelli che in questo periodo stanno muovendo i primi passi nel mondo del lavoro. Moltissimi giovani hanno visto il loro percorso, magari appena iniziato, interrompersi bruscamente con l’avvento della pandemia: uno stop forzato che, secondo vari economisti, potrebbe peggiorare le loro prospettive lavorative e di guadagno per un periodo di tempo molto lungo.
E la crisi innescata dalla pandemia di coronavirus sta già mostrando i primi segnali in questo senso, e non sono certo incoraggianti. Se il tasso di disoccupazione complessivo a maggio è infatti salito solo dello 0,1%, portandosi al 6,7% grazie agli ammortizzatori sociali e alle riduzioni di orario, nello stesso mese la disoccupazione tra gli under 25 è aumentata tre volte tanto, dello 0,3%, toccando il 15,7%. In Italia, come ha sottolineato il Financial Times, il tasso di disoccupazione è calato sorprendentemente dall’8% di marzo al 6,3% di aprile, ma solo a causa del fatto che molte persone sono passate nella categoria degli inattivi, che ha visto un aumento di 746mila unità per un tasso che è passato dal 36,1% al 38,1%. Il numero degli occupati in Italia è diminuito di 274mila unità tra marzo e aprile: il nostro Paese, spiega il quotidiano finanziario, detiene il poco invidiabile primato della nazione europea con la più elevata percentuale di ragazzi tra i 20 e i 34 anni che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in progetti di formazione, i cosiddetti Neet. In Italia la quota è del 27,8%, molto al di sopra della media europea del 16,4%.
Ma con questi chiari di luna di questa amministrazione nefasta non rimane che piangere e tirarsi i capelli.
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