La rassicurazione di Cutrufo sul conto dell’intrasferibilità del titolo la dice tutta sulla linearità del suo comportamento e premia il nostro giornale che aveva sollevato il problema, interpretando i dubbi di quanti temevano il peggio, non essendo ancora chiari i termini contrattuali del passaggio non più del solo 66% ma addirittura dell’intera proprietà del Siracusa nelle mani dell’imprenditore adranita Giovanni Alì. A favore del Siracusa solo la clausola secondo la quale il titolo sportivo, almeno quello, non potrà essere trasferito altrove, alla stregua di ogni patrimonio immateriale che si rispetti, anche se resta l’amarezza per il fatto che nessun siracusano abbia potuto cogliere l’opportunità di rimpiazzare alla guida del sodalizio azzurro l’ex patròn, che resterà comunque nella storia del Siracusa come colui che l’ha tirato fuori dal baratro in cui era caduto e che oggi annuncia di volersi defilare del tutto. Ma ci sono stati solo motivi economici alla base delle decisione di Cutrufo?
A nostro avviso, accanto alla palese sproporzione fra le molte spese e le poche entrate, ha contribuito fattivamente il disamore per un giocattolo che oltre a non divertirlo più gli ha procurato il giusto rammarico per l’ingratitudine dimostrata da una ristretta frangia di contestatori che la maggioranza silenziosa dei veri sportivi non è stata capace di arginare.
Purtroppo nella variegata galassia delle tifoserie esiste una componente alla quale interessa solo che la squadra primeggi, che abbia i suoi campioni, peraltro profumatamente strapagàti, senza porsi tanti perché su quanto sia onerosa la gestione di una società calcistica. Ma l’operazione che è ancora in corso, peggiorativa almeno sul piano dell’immagine, avrebbe potuto mettere a repentaglio anche il titolo sportivo se Gaetano Cutrufo, messo ingiustamente in croce per la vicenda delle penalizzazioni, non si fosse battuto per salvaguardare la siracusanità del titolo, particolare distrattamente sfuggito anche al nuovo primo cittadino, per il momento impegnato su altri fronti ritenuti, sicuramente più importanti, come quello della concessione della Piazza d’Armi per usi non ancora del tutto noti ad una cittadinanza, costretta ad assistere alla perdita di pezzi importanti, ultimo in ordine di tempo quello della proprietà della società calcistica, con lo stravolgimento della sua secolare identità e con la dissacrazione delle sue tradizioni.
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